Invino Veritas XIII puntata

Invino Veritas

 

 

 

Invino Veritas XIII puntata

 

 

 

Ci presentammo il venerdì tutti compunti chi in coppia chi single, alle 7 e 30 della sera con un bel mazzo di fiori per la signora.

Aveveamo deciso che i fiori sono sempre i più graditi, pur che non siano crisantemi, gli altri vanno bene tutti perchè un bel mazzo di fiori di campo fa primavera e gioia (lo aveva fatto Ennio razziando il suo giardino non ci era costato un euro)!

Erica ci accolse da perfetta padrona di casa. Aveva anche un bell’abito che fasciava le (poche) curve femminili che ancora aveva malgrado la (troppo) frequente ginnastica e la (troppo) ferrea dieta che faceva.

Passammo subito sul meraviglioso terrazzo in cui un tavolino era addobbato con “apetizer” tristissimi: cuore di sedano, rapanelli, finocchi tagliati sottili con una salsa di limone e olio e amenità vegetali varie.

Ma erano soprattuto le bevande a far bella mostra di sé: Acque Minerali, acque minerali non acqua. Ce n’erano per tutti i gusti, di tutte le specie: Frizzanti, poco frizzanti, senza bolle, succhi di ananas e di frutta in generale, ma soprattutto ananas: “Perchè l’ananas brucia i grassi!” sentenziò Gianni e si permise anche una battuta: “Quindi non bevetelo, perchè sennò bruciate!”

Ridemmo che volete che facessimo era il nostro ospite, non potevamo prenderlo a pugni, ance perchè da quando lo frequentavamo in gioventù l’uomo era molto cambiato.

Ora sembrava un guru, anche da giovane era un po’ il nostro guru. Di fatto era un grande studioso di fisica e matematica non per niente vinse il concorso all’Università di Montreal, senza conoscere là nessuno, poi si trasferì a Cap Town a insegnare le stesse materie, ma con uno stipendio più alto.

Me lo ricordo quando lasciò Savona per Montreal!

L’anno della laurea aveva trovato posto preso una scuola media, ma era sprecato per quel lavoro, lui aveva più propensione alla ricerca, e per questo fece il concorso a Montreala e lo vinse.

Abbandonò noi tutti all’improvviso, donne che piangevano, Mario a cercare chi lo sostituisse nelle partite di calcetto,perchè lui era il nostro Maradona; la madre che faceva mille raccomandazioni.

Lo accompagnammo tutti all’aeroporto. Abbracci e baci, lo lasciammo bello, intelligente sovrappeso ce lo ritroviamo adesso bello noioso e tirato alucido come dovesse partecipare all’Olimpiade.

E per sei mesi all’anno dovremo sorbircerlo almeno un giorno alla settimana. Della cena di quella sera non vi parlo. Erica esibì, entusiasta, lei, tagliatelle all’olio e formaggio (una forchettata a testa circa), pomme vapeur che altro non sono che patate bollite, zucchine al forno, vuote con una salsa fatta da lei immangiabile, cipolle al forno, nient’altro.

Mangiammo in allegria anche perchè almeno la musica era meravigliosa. Pensare che la nottata era splendida. C’era una luna tonda come una farinata, una mare calmissimo e brulicante di pesci che sarrebbero stati ottimi al forno, una brezza dolce come solo in Liguria ne ho sentite, una temperatura da…vino rosso!

E invece patate bollite, zucchine, cipolle, dolce ….”Niente, il dolce ingrassa e voi stasera avete già mangiato più calorie di quante avreste dovuto!” sentenziò Gianni.

“Anche noi,abbiamo trasgredito vero Erica?” disse rivolgendosi amorevolmente alla moglie.

“Sì, un po’ abbiamo trasgredito!” disse con un sorriso, e poi: Perchè non passiamo in salotto?” “Perchè si sta bene qua e poi se non vi dispiace devo andare tra mezz’ora, perchè domani mi alzo presto chè devo fare le analisi!” dissi.

“Qualcosa non va” chiese con aria indagatoria Gianni.
“No, sono io che faccio analisi ogni sei mesi”
“Bravo” approvarono Erica e Gianni.

Parlammo ancor una mezz’ora appunto della salute appunto (e di che altro sennò con loro?).

“Bene devo andare” dissi io “Grazie per la buona cena!”
“Se vi fa piacere ne possiamo fare ancora!”
Non avremmo mai voluto sentire quella frase e invece
“Mi piace fare da mangiare” aggiunse senza pudore Erica.

“Per la fatica che ti costa!” pensai in silenzio.
Finalmente uscimmo, guardammo l’ora, le 10 e mezza.
“Ragazzi, Oreste è ancora aperto!” urlò felice Giuse.
Andammo finalmente a mangiare e bere!