RIDI SAVONA

Perché essere un po' dissacranti aiuta a guardare con occhi diversi qualsiasi cosa!
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XIX puntata da Un pò meno di 50 sfumature di grigio di Felice Rossello

XIX puntata da Un pò meno di 50 sfumature di grigio

"Un pò meno di 50 sfumature di grigio"

XIX puntata da Un pò meno di 50 sfumature di grigio

Andrea voleva bene ad Elisa e Elisa ricambiava. Dai racconti lo si è capito bene. Piccole macchie di grigio, che ormai si saranno comprese e che corrispondevano ai piccoli (per allora) acciacchi della vecchiaia non inficiavano la loro “vie en rose”.

C’era però una cosa che Andrea non sopportava in lei: l’odio per i piccioni.
Mi spiego: nel loro appartamento c’era un terrazzoo, bello che dava sul mare.
Avevano infatti comprato quando erano andati in pensione una casa a Celle e vi si erano trasferiti da Savona.
Celle era stato da sempre il posto del cuore di Elisa, lì erano stati sfollati, durante la seconda guerra mondiale i suoi parenti.

Celle veniva sempre ricordata nelle occasioni (Natale, Pasqua) in cui si riunivano.
In quei pranzi luculliani si piangeva ricordando i morti, ma quanto si mangiava! Un boccone e due lacrime per i defunti, un po’ di trippa e un requiem per i morti. I “ti ricordi” si sprecavano.

Questo durò sino a che lei, dopo i diciottanni decise di frequentare l’Università fuori regione e andò a Bologna a studiare letteratura e arte.

Con la scusa che era fuori sede riuscì a salatre qualche festività
familiare. Qualcuno dei più vecchi morì, suo fratello si sposò con una danese…insomma il tempo divise quella che era una tradizione che lei riscoprì, giunta a una certa età, quando ormai il tempo se ne era
andato. Con l’età però le rimase la mania di Celle.

Andrea, che l’amava, l’ accontentò e comprarono una casa con terrazza sul mare. Quella dove ambiento questi racconti.

La terrazza sul mare però richiamava gabbiani e piccioni. E allora? – chiederete voi.
I gabbiani e i piccioni sgagazzavano sul terrazzo e lo sporcavano, anzi secondo quanto affermato da lei si “impossesavano imperialisticamente del terrazzo.

“Vedrai che tra un po’ non potremo più uscire a veder il mare…”
“Ma non dire fregancce – rideva lui – come potrebbero farlo?”
“Per te che non ci esci mai è facile parlare!” bofonchiò lei “Sai quanto volte devo lavare il teraazzo perchè questi sgagazzano in libertà.

A volte i gabbiani mi fanno paura, mi guardano con uno sguardo così cattivo e poi hanno un becco adunco che terrorizza!” disse acccorata a tal punto che Andrea ne ebbe pena e per consolarla non seppe che dire : “ Ma non siamo mica i protagonisti de Gli Uccelli di Hitchcok”

“Scherza, scherza” disse lei mentre usciva dal salone per sparire.
“Dove va adesso?” si chiese lui, ma poi aprì il suo libro e non ci pensò più.

Elisa tornò dopo una buona mezz’ora.
Quando la vide lui trasalì perchè vide davanti a sé non più la donna che conosceva, ma una specie di guerrigliero, un incrocio tra Rambo e un tupamaro.

“Ma come ti sei vestita?” chiese stupito luiii, posando sulle ginochhia il libro,poi per stemperare l’atmosfera: “Vai a un ballo mascherato?”

Elisa non la prese bene.
“Fai lo spiritoso! Se non ci fossi io in questa casa, tutto andrebbe a ramengo! Tu leggi, fai i solitari, devo ammettere che qualche volta cucini – ci pensò su -….e anche bene, ma pulire, stirare, cucire, fare i letti… non ti passa neanche per l’anticamera del cervello. Io, devo fare tutto io…”
“Con l’aiuto di Rosita che i viene ad aiutare tre volte la settimana” pensò lui, ma non lo disse perchè non voleva entrare in polemica.
“Hai ragione” disse Andrea
“Non darmi ragione!” urlò, un po’ istericamente lei “ la ragione si da agli scemi!”
“Preferisci che ti dia torto, dimmelo?”
“Non voglio né ragione né torto. In tanto fuori, sul terrazzo ci vado io!” affermò eroicamente lei.
“Neanche i partigiani hanno corso un tale pericolo” pensò lui, ma non lo disse. La conosceva ormai; se su certe cose Elisa scherzava su altre no, anzi, si adombrava.

Una era proprio questa la battaglia dei piccioni.
Così la chiamava lei.

Quindi Andrea si tacque e lei partì, scopa in resta, per la eroica guerra ai piccioni.
La quale guerra durò piùdi mezz’ora. Andrea da dentro casa sentì una serie di “sciò” “andate via”. Ogni tanto Elisa rientrava e prendeva un secchio d’acqua con cui Andrea pensava che stesse pulendo il pavimento.

Ma non chiedeva niente. Se ne stava zitto e leggeva.
Dopo mezz’ora circa Elisa tornava, come re Carlo, dalla guerra e come re carlo “l’accolse la sua terra”
cioè Andrea “cingendola d’allor” cioè offrendole un bicchier d’acqua.
“Ma sai – disse sodddisfatta – che se non fossi intervenuta avrebero fatto sul terrazzo i nidi:::E poi gli scagazzi che hanno fatto. Ho passato due volte lo straccio”.
Poi chiese amorevole: “Vieni a vedere!”. Andrea, arrendevole, ubbidì, Elisa lo prese per mano e lo portò fuori.

Lo spettacolo che vide davanti a sé non era quello di un terrazzo, era quello di un luna park. Elsa aveva messo girandole dappertutto, fogli colorati e spaventapasseri.

“Mi hanno detto che se gli uccelli vedonoqueste carte colorate e questi spaventapassri non vengono più!”

“Sarà -le disse Andrea – ma anche noi che figura facciamo coi vicini a uscire con tutti queste cose? La gente penserà che siamo dei barboni.
Lei ci pensò su un po’ e poi gli disse. “Ma a te che ti frega che non sei mai uscito una volta sul balcone?”

Risposta coerente, per lei; lui si ritrò in buon ordine, quella sera, però, uscì sul balcone. Per dispetto? Per vedere il mare? Fate voi

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

XVIII puntata da Un pò meno di 50 sfumature di grigio di Felice Rossello

XVIII puntata da Un pò meno di 50 sfumature di grigio

"Un pò meno di 50 sfumature di grigio"

XVIII puntata da Un pò meno di 50 sfumature di grigio

Vi do solo un parametro temporale: luglio.L’anno decidetelo voi. Sappiate solo che questa è una fiction, una narrazione cioè.

L’ho inventata io ma chiedo anche a voi di collaborare.
Un tempo, quando non vigeva la democrazia ed erano pochi quelli che sapevano leggere e scrivere queste cose non capitavano; era l’autore infatti che si peritava di darvi tutti i parametri del racconto.

Era precisissimo nel creare lo spazio, il tempo, l’evento. “Fingebat” avrebbero detto i latini cioè evocava per voi e creava in voi emozioni: sceglieva di farvi piangere o ridere, di distrarre la vostra mente.

Ora chi scrive fa lo stesso (ha sempre il boccino in mano lui), ma chiede anche a voi di metterci del vostro: se vi dico luglio a che pensate?

Vi aggiungo ancora che era mattina presto e poi che Andrea ed Elisa stavano caricando la macchina perchè partivano per una lunga vacanza in Croazia.

Certo non pioveva anche perchè col cambiamento climatico, di questi tempi, a luglio piove sempre meno e la temperatura, rispetto al XX secolo aumenta sempre più.

Questi sono alcuni parametri che aggiungo io per datare all’incirca il
racconto o fiction al terzo millennio. Mi chiedo anche e vi chiedo quanto durerà ancora il mondo e soprattutto in che periodo, d’ora in poi, si faranno le vacanze se l’estate diventerà perenne in alcuni luoghi
quelli che oggi sono più freddi e il deserto occuperà gli altri spazi del pianeta.

Ma, mi fermo qui, scrivo infatti per farvi sognare e non per farvi avere incubi!
Torniamo al racconto: Elisa che era una maga nel disporre i bagagli, stava mettendo le valige nel portabagagli. Erano quattro grosse valige, una per settimana!
“Mi chiedo quanto ne avresti usate se fossimo andati via per più tempo!” esclamò Andrea.

Elisa non accettò la provocazione e continuò a piazzare i bagagli. Andrea la aiutava con pazienza e contando sino a dieci per non sbottare. Aveva imparato questo metodo la prima volta che erano partiti per Parigi cinquant’anni prima circa.

Erano giovani, allora. Sentite cosa successe: eravamo negli anni 70, si
erano incontrarti direttamente all’aeroporto di Genova. Lui aveva una valigetta che stava nella cappelliera dell’aereo anche perchè si sarebbero fermati solo quattro giorni, lei, bella nel suo vestito estivo
svolazzante e aeroso, arrivò invece con due valige grandi entrambe certamente da “imbarcare”.

Niente di male certo, ma cosa ci faceva con due valigione per quattro giorni si chiese Andrea che non la conosceva ancora bene.

Il bello è che Elisa litigò anche al check – in perchè volevano imbarcare le valige con sé.
Lui cercò di dare ragione alla hostess che era all’imbarco: “Ecco – disse Elisa – vi siete messi d’accordo”
Poi rivolta alla signorina del check – inn – “Mi scusi, uno non può potarsi neppure due vestiti che subito glieli togliete?”

“No, gentile signorina – disse pazientemente l’hostess – noi non le togliamo niente, le sto solo dicendo, che in aereo non possono volare e vanno messi in carlinga!”
“Fai qualcosa – disse Elisa rivolgendosi a me – Non mi difendi?”
“Sei indifendibile – disse Andrea – ha ragione le tue valige sono enormi!”
Non l’avesse mai detto, Elisa dette in escandescenze: “Va bene se loro non vengono con me, io non vengo a Parigi!”

Alla hostess non fregava niente ad Andrea un po’ di più perchè il viaggio gli era costato un bel po’. Ma finì che non andarono a Parigi.

Ci perse un bel po’ di soldi, ma l’amore per Elisa ebbe il sopravvento
“omnia vincit amor”. C’è da dire che Andrea non era avaro e in quel periodo guadagnava bene, però un viaggio a Parigi è un viaggio a Parigi e poi rinunciarvi con quel po’ po’ di femmina…..

Questo ovviamente lo pensò, ma non lo disse mai a nessuno.
Vi ho spiegato perchè da quel giorno ogni volta che partivano lui stava zitto ed era servizievole.

Finalmente le valige furono messe a regola d’arte. Prima di salire in macchina Elisa fece la circumnavigazione della stessa.

Era un atto che compiva sempre. Era un suo tic. Tutte le volte prima di
salire o dopo essere scesa dall’automobile, Elisa la circumnavigava. Andrea si incamminava verso casa e lei invece come un pescecane girava intorno alla preda: “Per vedere il suo stato – si giustificava lei –

Dato che noi la posteggiamo fuori e non abbiamo il garage memorizzo i borli che ha per vedere se il giorno che la riprenderemo gliene hanno fatto altri!”

Giustificazione del cavolo perchè, anche ammesso che ne avessero scoperti altri non avrebbero saputo chi era il colpevole.

Ma tant’è, invecchiando, le era presa questa mania.
Mentre lei faceva la sua circumnavigazione, Andrea aveva già preso posto alla guida e aspettava paziente che Elisa salisse.

Impiegarono una ora tra la disposizione dei bagaglie e la circumnavigazione.
Ma finalmente partirono.
“Le luci di casa le hai spente tutte?” – disse all’improvviso lei mentre si avviavano al casello di Celle.
“Sì!” disse paziente e rassegnato lui.
“Le persiane? Fammi pensare: quelle di cucina le abbiamo chiuse del tutto…..in camera anche…in sala le abbiamo solo abbassate. Le finestre le abbiamo chiuse tutte, il gas è spento….l’acqua!?…. – momento di gelo – …Abbiamo lasciato aperta l’acqua – disse presa dal panico Elisa – Adesso se la lavatrice perde avremo tutta la casa allagata…” piagnucolò lei, la cosa non era mai successa in quindici anni, ma lei pensò che potesse accadere per la pria volta in quei quindici giorni.
“No, stai tranquilla l’ho spenta io. Tutto sotto controllo!” la tranquillizzò pazientemente lui.
Tutte le volte che partivano in macchina per un lungo viaggio era così. Poi lei si calmava e tutto filava liscio.

L’ansia del distacco, ma distacco da che? Chissà cosa creava paura in Elisa che in genere era una donna amabile e calma. Eppure Andrea la amava anche per queste piccole sfumature forse di grigio.
Viaggiarono amabilmente sino a Piacenza. Quando furono al casello Elisa disse una frase che Andrea non avrebbe mai voluto sentire. “Lo sai amore che andremo anche in Serbia, i passaporti li hai tu vero?”
Il mondo cadde addosso ad Andrea, la “vie” da rose che era divenne grigia e se fossero stati interpreti di un film qui sarebbe “partita” una musica thriller.
“Come la Serbia? – disse lui pausa – i passaporti…-pensò grattandosi la testa – ah sì – disse come ricordandosi all’improvviso – forse li ho messi in valigia!”
Elisa divenne pallida come una morta e urlò: “In valigia non li hai messi! Le valige le ho fatte io e di passaporti non ne ho visti!”

“Allora – confessò – sappi che li ho dimenticati sul tavolo di cucina, ne sono sicuro perchè li ho presi e stavo per metterli nella mia borsa, quando ho chiuso l’interruttore dell’acqua e per farlo li ho posati sul
tavolo! Tu mi hai chiamato e io li ho lasciati sul tavolo”
“Per una cosa fatta bene, ne fai male cento!” Squittì lei, e aggiunse: “E ora?”.
“E ora torniamo indietro a prenderli!” disse con “ferma voce e signoril coraggio” Andrea.
“Da Piacenza torniamo a Celle?” chiese stupita lei “Ma ciocchi!”
“Che altro vuoi fare. D’altra parte sono le 11 all’una siamo a Celle. Il tempo di prenderli e ripartiamo!”
“Comincia bene il nostro viaggio!” fece lei.
Lui glissò su quest’ultima constatazione di Elisa perché in effetti si sentiva in colpa.
Era la prima volta che aveva manifestato questo vuoto di memoria. La vecchiaia avanzava. Colla guida allontanò questa brutta sensazione e giunsero a Celle.
Arrivati al casello verso le 13, Andrea aprì la borsa dove aveva messo il portafogli e, per miracolo, apparvero i passaporti.
“Ma sono qui!” esclamò Andrea.
“Cosa?” chiese lei.
“Se non ti incazzi te lo dico!”
“Tanto più di così, ci mancherebbe che mi dicessi che hai trovato i passaporti!”
“Appunto” – rispose lui
“”Non dirmi che siamo tornati indietro per nulla!”

“Sì” te lo dico rispose lui
Risero entrambi e andarono a mangiare. Quello avevano di bello i due: un grande senso dell’umorismo. In Croazia arrivarono poi, la notte del giorno stesso.
Passarono una vacanza meravigliosa, assaporarono il miele della vita e si dimenticarono del baratro col serpente, che prima o poi ci inghiotte tutti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

XVII puntata da Un pò meno di 50 sfumature di grigio di Felice Rossello

XVII puntata da Un pò meno di 50 sfumature di grigio

"Un pò meno di 50 sfumature di grigio"

XVII puntata da Un pò meno di 50 sfumature di grigio

Era un magnifico dicembre si avvicinava il Natale, Santo per alcuni perchè si festeggia la nascita di Cristo il Salvatore, mangereccio per gli atei e i sedicenti agnostici perchè è il giorno in cui si mangia,
consumistico per i globalizzati perchè è il giorno dei regali e spesso costosi.

Di che anno mi chiederete voi? Sceglietelo non mi interessa, un “paletto” ve lo do: deve essere nel terzo millennio.

Al mio racconto interessa soprattutto, che Andrea, a Natale, andava sempre in crisi, perchè sedicente agnostico e, diciamolo, anche un po’ consumistico, era sempre in dubbio se festeggiarlo come mangereccio o come il giorno dei regali.

Nel primo caso avrebbe accontentato soprattutto se stesso, nel secondo Elisa perchè le avrebbe fatto fatto un bel regalo, senza farglielo sapere, ma era ovvio che lei se lo aspettava e lui non poteva deluderla.

“Cazzo, però, mi costa una cifra e poi cosa le manca? Ha tutto! Un gioiello, belin, costano cari quelli che piacciono a lei e poi cosa un anello? Un diamante che è per sempre? Perchè regalarle una cosa che vale per sempre se noi non duriamo per sempre!” ragionò Andrea e invidiò il diamante.

“Ma guarda se una pietra così insulsa deve essere etrena! Brillerà, sì, è vero, ma dopo un po’ che l’hai vista brillare che gioia ti darà?

Capisco che le amiche ti invidiano quando te lo vedono adosso, ma quando le hai fatte bruciare d’invidia che gusto ci provi!”
Ragionamenti da uomo, chiedo scusa per lui alle lettrici, ma purtroppo noi uomini la pensiamo così!

Comunque cominciava da adesso sino a Natale il calvario di chi come lui, avrebbe cercato di indagare senza farsene accorgere cosa Elisa desiderasse per quell’anno.  Avete notato l’uso corretto del congiuntivo imperfetto.

Come scrittore potrei potrei salire in cattedra e spiegarvi perchè in questa interrogativa indiretta o uasto il congiuntivo, ma non vi dirò che l’ho usato perchè volevo esprimere incetezza, sono modestO e quindi non vi dico che nella interrogativa indiretta si può, al contario del latino usare in italiano anche l’indicatvo se si vuole indicare certezza, non ve lo dico per non annoiarvi e per non farla fuori dal vaso.

“Oh cazzo! – esclamò tra sé e sé Elisa – si avvicina Natale e io cosa regalo ad Andrea? Il solito libro?
Beh, è un’idea banale, ma lui legge, romanzi pochi, saggi molti. Poi lui ogni anno ha un interesse nuovo.
Di cosa è impallinato in questo momento? L’anno scorso era tutto preso dall’archeologia.

Gli avevo regalato un libriccino sul costo dell’Acropoli e ne era rimasto contento.

Non so se lo aveva fatto contento il libro o la prestazione sessuale che avevo aggiunto, che era stata non male, malgrado l’età. Avevamo concluso il tutto con un Buon Natale e un buon pranzo. E’ stato un bel Natale l’anno scorso. Ma quest’anno? Forse l’astronomia….mah! Devo indagare.”

Stavano percorrendo lentamente il lungomare facendo la loro passeggiata serale in attesa di una cena a casa di loro amici, in silenzio perchè facevano questi pensieri.
“Dio, quante stelle – buttò lì facendo finta di niente Elisa – Chissà quante sono?”

E sperò che con la sua risposta le desse qualche indicazione, ma lui rispose:
“Sembrano dei brillanti! A quale brillante ti fanno pensare?”
“Il cielo mi sembra pieno di lapislazzuli!”
“Lapislazzuli – chiese stupito lui – chissà quanto costano!”
“Oh non sono cari e poi costano poco più di un libro, almeno credo”
“Sì, ma un libro è per sempre, dura nel tempo!”
“Sì come i diamanti!”
“La solita esagerata i diamanti costano cari, molto più de libro. Dicono che in alcuni pianeti ci siano molti diamanti, cioè molto carbonio allo stato puro!”
“Ah sì – disse lei che aveva capito che, forse, si apriva uno spiraglio per sapere che libro regalare – lo hai letto da qualche parte!”
“Sì in un articolo di giornale che presentava il libro scritto da un astronomo gaipponese. Mi ricordo che era nella pagina vicina alla réclame (usava questa parola desueta) di un gioielleria di Roma…”

“Ma scusa come mai ti ricordi della gioielleria e non del libro?” domandò lei sospettosa…
“Non lo so, mi è restato impresso, parlava di zaffiri, a proposito ti piacciono gli zaffiri (inutile che vi ricordi che avanti a “z” ci vuole l’articolo “gli” e non “i”)?”
“Molto!”
“Ma sono cari!”
“Non ti dico di no, ma mica devi regalarli a qualcuno?” chiese lei sospettosa
“No, no, dicevo così per dire, d’altra parte quel libro è in inglese, non lo hanno ancora edito in Italia!”
“Ma che stupidi questi giornalisti, che recensiscono cose non italiane!”
“Non farmi la leghista. Io penso che facciano bene, ci portano fuori un po’ dal nostro mondo che è sempre così angusto e autoreferenziale!”
“Sì, è vero, ma se uno volesse fare un regalo, che so….”
“Per Natale? Non dirmi niente. Anch’io mi arrovello, ma niente non mi viene niente. Devo fare un regalo,
ma non so che fare. E’ una persona così difficile…”
“Ma no, non sono così difficle – disse lei che aveva capito – mi basta il tuo amore. Il tuo amore è per sempre come il diamante! Piuttosto io, a te, che libro ti regalo?”
“Gli Amores di Ovidio, con testo a fronte però!”.

Lo trovo un bel finale questo; bello, rosa da far commuovere, colto quanto basta, che per questa volta ci fa vedere la “vie en rose”.
Se penso a Dickens mi sento piccolo piccolo, ma ogni botte dà il vino che può. Se uno nasce Dolcetto non può diventare Barolo! Accontentavi o se no, andate in libreria a comprare Dickens, che sul Natale scrive cose meravigliose!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

XVI puntata da Un pò meno di 50 sfumature di grigio di Felice Rossello

XVI puntata da Un pò meno di 50 sfumature di grigio

"Un pò meno di 50 sfumature di grigio"

XVI puntata da Un pò meno di 50 sfumature di grigio

Sono le 9 e mezza del mattino di una qualunque giornata, la lascio decidere a voi. Mi hanno insegnato che ormai anche chi legge vuol partecipare alla scrittura. Quando ero giovane io questo si chiamava “romanzo aperto” ne ha scritto uno Calvino.

Il romanzo aperto è una cosa seria che prevede più soluzioni a seconda delle quali il romanzo prende una svolta diversa; quello è una cosa seria, discutibile, ma seria, il mio invece è un espediente per aumentare l’”audience”, io lo uso perchè sono un narcisista e a voi ci tengo!

Si diceva leggete e diffondete, anch’io lo dico diffondete i miei scritti, grazie.
Si diceva anche e poi passo al racconto “se la commedia vi è piaciuta applaudite, se no sappiate che noi ce l’abbiamo messa tutta”!

Mentre Elisa fa colazione entra Andrea, in pigiama, col giornale sottobraccio che le consegna subito.
Elisa è la prima sempre a leggere le notizie. Andrea ha una faccia allegra e serena “Strano – pensa Elisa che lo nota subito – in genre appena sveglio è cupo!

” Poi chiede a voce alta:
“Cos’è quel sorriso che hai stampato in faccia! Cosa ti rende allegro?”
“Si vede quanto sono felice?” fa lui stupito.
“Sembri l’emoticon della gioia!” fa sarcastica lei.
“Ebbene sì, sono felice perchè stanotte ho fatto un sogno meraviglioso!”

“Tu, – dice lei alzando gli ochhi dal giornale – Ma se hai sempre detto che non sogni!”
“No – ribatte Andrea – io ho sempre detto che li dimentico. Gli psicologi dicono che tutti sognano, ci sono, poi, quelli che se li ricordano e quelli, come me, che li dimenticano appena svegli!”

“Anche gli psicologi tiri in ballo. Hai sempre detto che sono dei ciarlatani! Un fatto è certo che tu, pur di contraddire chi parla, le escogiti tutti” glielo disse con amore e terminò la frase con una risata.
“Comunque dimmi cosa hai sognato?”
“Ero giovane forte e aitante…”

“Allora non eri tu! Giovane l’ho sei stato, ma forte e soprattutto aitante non lo sei mai stato, sei sempre stato un po’ sovrappeso, ricordi – poi pensando di essere stata brutale disse con voce flautata – ma io ti ho sempre amato per quelli che eri non per quello che sogni ancora adesso di essere!” lo accarezzò anche.

Andrea un po’ si scocciò. “Ma se mi lasciassi raccontare, forse capiresti dove voglio andare a parare…Posso?” chiese un po’ sprezzante.

“Ma certo, duca, racconti pure!” rispose inchinandosi aristocraticamente.
Riprese il racconto, facendo una premessa:
“Se questo sogno non contasse per me, me lo sarei dimenticato, come gli altri e invece lo ricordo tutto per filo e per segno.

Dunque – ricominciò – Io giovane forte aitante, sulla spiaggia con una sabbia dorata vedo un giovane energumeno che schiaffeggia una ragazza….”

“Ma dai, tutti gli stereotipi dei film romantici, sdolcinati….Che sogno banale, non mi dirai anche che tu sei intervenuto per togliere la signorina dalle grinfie dell’energumeno, che lui alla vista tua è scappato e che lei per ringraziarti ti ha schioccato un bacio sulla bocca e poi avete fatto l’amore ed è stato bellissimo!”

“Sì, è andata così” – rispose lui deluso “Ma non ti ho detto la cosa più importante..”
“Cioè?” chiese curiosa lei.
“Che quella bella giovane con cui ho fatto l’amore sulla spiaggia eri tu!”
Elisa un po’ si commosse e da burbera che era si sciolse tutta e lo abbracciò. “Bei tempi eh! Ricordi?

Oggi viviamo di questi ricordi perchè quanto a…” – accompagnò le parole con un gesto della mano che significava nisba “Fulsere nobis quondam candidi soles, amore mio!” lo abbracciò e lo baciò.

“Fulsere, che brutto il perfetto, perchè in latino non ha niente della perfezione vuol dire finito concluso.”
“Sì tesoro, per loro, per i latini, la perfezione è la conclusione, la fine di una cosa!”
“Ma per me no!” affermò eroicamente Andrea e l’afferrò sollevandola
“Ma cosa ti metti in testa amico, non vorrai mica…”
“E perchè no?” disse lui.
“Ma perchè non ce la fai!”
“Proviamo” chiese lui.
“Contento tu…ma se poi non va a buon fine il tentativo, non piagnucolare…come il tuo solito!”
Andrea ed Elisa provavano qualche volta nel fare l’amore, e, com’è normale, ci riuscivano poche volte ed Andrea ci restava male. Soffriva ancora dell’ansia della prestazione.

“Non è l’ansia della prestazione che ti fa fare cilecca, amore mio – gli diceva lei – è la Carta d’Identità!”

Questa volta però Andrea ci riuscì: Elisa restò stupita dall’ardore che lui aveva ritrovato e per un po’ si sentì anche lei di nuovo giovane.

Assaporarono il miele, si dimenticarono in quei momenti dei topi che rosicchiavano i cespugli della vita e del serpente che, giù, nelle viscere del pozzo li attendeva a bocca aperta.

Elisa non seppe però mai che la fanciulla sulla spiaggia, sognata da Andrea non era lei. Era un melting pot di tutte le donne con cui lui aveva sperato di avere storie nella sua vita

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Questo per dire che spesso la fantasia è meglio del Viagra. Quante volte, amici e amiche, la usate, la fantasia, per rinverdire un rapporto che va morendo?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

XV puntata da Un pò meno di 50 sfumature di grigio di Felice Rossello

XV puntata da Un pò meno di 50 sfumature di grigio

"Un pò meno di 50 sfumature di grigio"

XV puntata da Un pò meno di 50 sfumature di grigio

Erano le 9 e 58 di una fredda mattina di dicembre, se è per questo era anche una mattina uggiosa.

Mi piace, scrivendo, usare parole desuete, abbastanza antiche, Sallustio se vi ricordate diceva come i suoi padri “maxumum”, “amasset”, e io dico “uggiosa” che del resto parola molto antica e desueta non è, se la conosceva anche Mogol, canzonettista consu,ista e anche un po’ (tanto) antipatico.

L’ora è precisa perchè la stava controllando sul suo orologio digitale Andrea quando Elisa, che beveva una “fumante tazza” di tè (vi piace è uno stereotipo che usano tutti quelli che vogliono scrivere come il professore a scuola ha insegnato), disse: “Stasera potremmo andare al Film Studio a vedere quel vecchio film che non mi hai mai portato a vedere.” Disse l’ultima frase con un po’ di astio.

“Certo che ha una memoria di ferro!” pensò fra sé Andrea “Non me ne fa passare una!” poi forte:
“Quando mai sono andato al cinema da solo?”
“Quando lavoravi a Milano e io non ero con te! Non ho mai indagato su quel periodo della tua vita esinceramente non mi è mai interessato, chissà quali birichinate hai combinato!”

Disse proprio birichinate, meglio sono io che glielo faccio dire perchè oggi sono in vena di stile Liala, mi sento buono e vuoto come un romanzo rosa!

Anche mentre scrivo la giornata è uggiosa, forse sarà lei che influirà su questo mio intercalare o forse il buonismo o la banalità della TV che ho contribuito a rendere stupida anch’io com’è adesso, quando vi lavoravo, non lo so, ma uggiosa oggi gira nei tubi del mio cervello come la m… gira nei tubi idraulici.

Era vero Andrea nel periodo milanese andava molto al cinema. Soprattutto all’Anteo perchè era relativamente vicino a dove lui abitava.

“Quale sarebbe il film che ho impedito che vedessi?”
“Mamma e Papà”
“Ma è un film antico, più di me” disse Andrea.
“Tanto antico non lo è, è del 2017!, l’ultimo anno che hai lavorato a Milano!”
“E’ divertente, ma non è un capolavoro! Mi sono simpatici loro, che sono anche bravi!”

“Lo vedi? – si adirò (vi piace: si adirò) lei – sai tutto del film!”

“So tutto! Andiamo mi sono limitato a dirti che sono bravi loro senza neppure nominarli, non ti raccontato la trama”

“Non dirmela, voglio vedere il film, stasera! E dare da sola – sottolineò con la voce il “da sola” – il mio giudizio” si impuntò lei capricciosa.

“Io ti ci porto, però se ben ricordo, questo film l’abbiamo ma Savona insieme, non l’ho visto a Milano, ne sono quasi certo!”

“Ma se non sai neanche quello che hai fatto ieri! Ma dai, ma piantala fammi il piacere….” Elisa assunse un tono polemico che Andrea pensò bene di non contrastare, quindi paziente disse.

“Nessuno ci vieta di andare al Filmstudio stasera, non abbiamo niente da fare!”
“Eh quando dei pensionati hanno qualcosa da fare!” affermò lei accorata (bello no?!).
“Non gliene va bene una oggi! Rimpiange anche il tempo in cui lavoravamo” pensò Andrea, poi disse forte: “Ti faccio una proposta: andiamo a mangiare al risorante e poi al cinema? Buco del Prete e poi Film Studio”
“Sì ma che non si risolva solo in una lauta cena, io voglio, dico voglio, andare al cinema!” si intestardì Elisa.

“Stai tranquilla ci stanno tutti e due! L’abbiamo sempre fatto!”
Fu così che lla 19 e 30 erano a mangiare al Buco e, alle 20 e 30 pagarono il conto, soddsfatti della lauta cena neanche tanta parca, otiima e si recarono al Film Studio che è lì vicino.

Solite quattro chiacchere coi ragazzi, “soliti” saluti coi “soliti” frequentatori, ricerca facile del posto perchè c’erano una trentina di persone e il locale ne contiene 100. Buio in sala, spegimento dei telefonini, insomma tutti i riti e le liturgie richieste e finalmente le prime sequenze del film.

Elisa non stava un minuto ferma, si agitava sulla poltrona. Andrea se ne accorse e le chiese:
“Cosa c’è? Stai male, non hai digerito? Potrebbe essere, con tutta la sbrisolona che ha i mangiato!”
“on è la sbrisolona – disse lei adirata – Non non ho niente, sto benissimo gli è che….”
“Che cosa?”
“No, niente” sorrise “Non vorrei dire ….”– aggiunse, poi si tacque.
“Non vorresti dire cosa?” chiese lui un po’alterato.
“Silenzio! Se avete da litigare uscite!” disse il vicino di posto.
“Andrea, ha ragione il signore. Poi ti dico, ora guardiamo il film!”
“Guardiamo – pensò – l’ho già visto, tra l’altro due volte una a Milano e una…..”
Per un po’ Elisa stetta ferma, poi non potendone più disse:
“Andrea usciamo!”
“Perchè stai male? Non ti piace il film, è divertente, niente di eccezionale ma fa ridere” la incoraggiò lui.

“No, Andrea, usciamo perchè io questo film l’ho già visto con te, l’anno scorso!”.
“Ecco con chi l’ho visto la seconda volta!”
Uscirono. Un po’ di grigio, anche se il miele l’avevano assaporato con la cena.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

XIV puntata da Un pò meno di 50 sfumature di grigio di Felice Rossello

XIV puntata da Un pò meno di 50 sfumature di grigio

"Un pò meno di 50 sfumature di grigio"

XIV puntata da Un pò meno di 50 sfumature di grigio

La mattina dopo, fatta un’abbondante colazione al buffet dell’Albergo, poiché avevano ancora quasi quattro ore al treno per il ritorno, Andrea, da vero signore, chiamò un taxi e portò la sua signora e “donna” a Santa Croce a vedere il Crocefisso di Cimabue che non era oiù in Chiesa, ma in una sala speciale in cui si racccontava il restauro del martoriato legno.

“Eccoti accontentata, non andrai via da Firenze senza avere prima visto Cimabue” disse con aria tronfia Andrea quando furono davanti al capolavoro restaurato.

Elisa lo guardò ammirata, poi: “Ma io l’ho già visto!”
“Ciò non togilie che una cosa bella la si possa rivedere, no? E poi l’hai già visto perchè abbiamo fatto una lunga visita a Santa Croce la penultima volta che siamo venuti a Firenze!”

“Non dire fesserie, la penultima volta siamo stati a Santa Maria Novella!”.

Inutile dire che la lite continuò ancora sul taxi per tutto il tragitto sino alla stazione. Ci arrivarono alle 12 e mezza, il tempo perr un panino e per continuare la lite.

“L’ulima volta che siamo stati a Firenze abbiamo visitato il Muse dell’opera del Duomo!”
“No, l’Accademia, dove sei stata mezz’ora sotto il David a guardargli i coglioni….come una normale
turista cicciona americana!” affermò Andrea.

A questa battuta Elisa rise e ribattè: “Fammi il piacere se voglio vedere dei grandi coglioni, mi basta guardarmi in giro o meglio i vari TG!”

“Qualunquista!” esclamò abbracciandola Andrea e la lite finì lì. Faceva parte della loro “vie en rose” che tutti i salmi finissero in gloria, in una battuta , in un amen.

Giunsero al marciappiede del Regionale Veloce per Viareggio, salirono: Il viaggio da Firenze a Viareggio non è lungo. Il treno arrivò in orario, (per forza non sono mica le Ferrovie liguri) presero la coincidenza e
ceracrono sull’Intercity i loro posti che erano il 15 e il 17. C’erano sedute due persone.

Andrea fece loro notare gentilmente che i posti erano riservati a loro.

“No, mio caro signore, i posti 15 e 17 sono nostri ed esibì i biglietti. Andrea si adombrò: “Possibile che in Italia non riescano a gestire razionalmente la logistica.

Mi scusi sa, ma adesso chiamo il controllore e vediamo di risolvere il problema, nel frattempo potremmo metter i nostri bagagli vicino ai vostri?”

“Se c’è posto volentieri, sennò, mi dispiace ma io ho pagato per avere tutto ciò e quindi non glielo posso permettere!”
“Non faccia l’arrogante – esclamò irato Andrea – gliel’ho chiesto per favore!”
“Semmai l’arrogante è lei, io questi posti li ho pagati!”
“E perchè io cosa ho fatto, li ho rubati?”

“Ah, non lo so, non la conosco” disse serafico il signore…La cosa sarebbe degenerata se non fosse
arrivata Elisa che nel frattempo era andata in cerca del controllore.

“Mi potete gentilmente fornire i vostri biglietti, grazie” così parlò il controllore che dopo attenta analisi
emise il suo verdetto: “I biglietti 15 e 17 del signore qui in piedi sono dello scompartimento successivo, non c’è stato nessuno errore – poi calcò la voce – almeno da parte nostra!”

“Andrea, toccato nell’onore disse: “Lei mi sta dando del cretino o dell’analfabeta?”

“Non mi permetterei mai. Ho soltanto detto che i vostri posti sono nella carozza 6 e che lei è salito sulla carozza 5”
“Il che vuol dire che non so leggere!” Andrea stava inalberandosi, era un orgoglioso. Che lo fosse lo sapeva Elisa che lo portò nell’altra carrozza dove si accomodarono.

“Vieni Alzheimer, siediti” disse Elisa ridendo e tutto finì lì. Sino a Savona, perchè quando arrivarono, puntuali alle otto e mezza, sorse un altro dramma, quello della macchina; non si ricordavano più dove
l’avevano posteggiata.

Girarono mezz’ora.
“Guardiamo in via Maciocio”
“Ma immaginati se sono andata a posteggiarla così lontana!” disse Elisa.
“Non sei tu che cerchi il posteggio è il posteggio che si fa trovare dove vuole lui! Siamo arrivati qui venerdì mattina alle sette e mezza e, con tutti i pendolari che arrivano in macchina a prendere il treno, posteggi se ne trovano pochini vicino alla Stazione, per quello che dico che sono loro che si fanno trovare!”

“Sì, ma intanto sono le nove e un quarto e io ho fame!”
“A chi lo dici!”
“ E se intanto andassimo a mangiare per farci venire in mente dove abbiamo messa la macchina? ” propose Andrea.

“E dove? che qui c’è il deserto e neanche un bar o una trattoria, ma che dico, una bettola!”

E’ un fatto che nei dintorni della stazione non c’è un luogo dove fare uno spuntino, anche perchè il Bar della Stazione chiude presto la sera.

Quindi la proposta di Andrea fu bocciata, ma all’improvviso, come
per magia, ad Andrea venne in mente dove era la macchina che si fece trovare al suo posto bella e sorridente come se non fosse successo niente. Vi salirono sopra allegri e pimpanti, dimentichi di tutte le
tribolazioni subite, di tutti i passi camminati per cercare la macchina.
Elisa alla guida, Andrea al suo fianco tronfio.

“Chi è che ha l’Alzheimer, mia bella signora?” chiese lui con grande orgoglio. Anche questa avventura finì in una risata!

C’è del miele, a volte, nelle dimenticanze. E poi la vita va presa poco sul serio. Dura lo spazio del mattino!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

XIII puntata da Un pò meno di 50 sfumature di grigio di Felice Rossello

XIII puntata da Un pò meno di 50 sfumature di grigio

"Un pò meno di 50 sfumature di grigio"

XIII puntata da Un pò meno di 50 sfumature di grigio

Uscirono dal ristorante alle 15,00, belli satolli e soprattutto soddisfatti.

“Si mangia sempre bene!” disse Elisa “la zuppa era proprio buona e la tua bistecca?”

“Ne avrei mangiata un’altra!” disse “sborrone” Andrea
“Ma se te ne ho mangiata la metà io, perchè esageri? Sei uno intelligente, ma hai queste cadute di stile….”
“Senti, signora mia, io sono stanco, se facessimo due passi per arrivare all’Albergo e andassimo a riposare?”

“Tutti qui, quello che mi proponi?” sorrise maliziosa Elisa, ammiccando.
“Cos’altro pretendi, donna, da un’anziano crapulone che si è ingozzato di bistecca alla fiorentina!”

“Ma, niente, una volta magari, ma oggi un buon sonno ristoratore!”
“Oh – sospirò Andrea – ti trovo ragionevole. Bene propogo un riposino e poi ingiro per il centro di Firenze e domani….”
“Se provassimo gli Uffizi?”

“Allora facciamo così: andiamo in albergo e chiediamo alla recption che ci prenotino l’entrata per due alle …”
“Non prima delle dieci, tanto non ci corre dietro nessuno!”
“Vada per le dieci!”

Si incammminarono abbracciati come due giovinotti. Arrivarono all’labergo, fecero la prenotazione, salirono in camera e si addormentarono come angioletti.

Alle sei di sera fecero un giro per il centro, consultarono la Civetta che era una specie di locandina di tutti gli spettacoli di Firenze, trovarono un cinema interessante Joker e andarono al cinema.

Sissignori, senza cenare, anche questo fa parte del grigio.
La mattina dopo Uffizi, dopo la colazione si intende!

Tutto filò liscio come si addice alla vie en rose dei nostri due amici.

Entrarono e ammirarono le tre maestà quelle di Cimabue, Giotto e Duccio, non senza che Andrea avesse raccontato per l’ennesima volta quel giorno del ’66 che lui, angelo del fango, e con lui, tutti gli angeli del
fango che palavano a Firenze, ebbero l’accesso gratis agli Uffizi.

Elisa pazientemente lo stette ad ascoltare per l’ennesima volta limitandosi ad aggiungere particolari alla vicenda che lui quel giorno si era dimenticato.

“Ma come fai a sapere che io andai scalzoper lesaleperchè non volevo sporcare con gli stivali?” chiese lui che improvvisamente aveva capito che lei sapeva: “Te l’ho già raccontato?”

“Nooo” disse lei.
“Mi sembrava” affermò convinto Andrea

“Guarda che ti sbagli, volevo dire, ma tu mi hai interrotta. Nooo, una volta sola noo, mille sì”

“E allora perchè mi hai fatto continuare?”
“Perchè mi piace sentirti parlare dei giorni dell’alluvione; racconti i fatti con una tale gioia che non sembra nenache che sia avvenuto un evento tragico!”

“Ma per me fu così, perchè era la prima volta che uscivo di casa, perchè era la prima volta che mi recavo nella mia patria di adozione, Firenze, perchè per la prima volta fui proiettato in un ambiente dove si
parlavano tutte le lingue del mondo, perchè si sentiva già aria di 68 quello ribellista …”

“Lo vedi – disse lei sorridendo – ancora adesso mentre dici queste cose sprizzi felicità da tutti i pori; è questo l’Andrea che mi piace”.

Lo baciò e l’abbracciò, poi si fece seria: “Adesso andiamo a vedere il
crocefisso di Cimabue!” Lo disse con voce imperiosa. “Ma il Crocefisso di Cimabue non è qui; è a SantaCroce!” osò dire timidamente Andrea

“Fatti servire, lo saprò io che ho spalato a Firenze!”

Mani sui fianchi, sguardo assassino in centro alla sala delle Maestà lo guardò e disse con voce alterata:

”Eh, sì, è vero, ora perchè uno ha spalato 54 anni fa a Firenze per quindici giorni, crede diconoscere la città e i suoi dipinti come le sue tasche!

Ma fammi il piacere, lo sai anche tu che di là c’è il Crocefiso di Cimabue!”

No cara, cosa ci sia di là non lo so, perchè, come hai detto tu – disse conciliante – non conosco a menadito Firenze, ma ti posso assicurare che il Crocefisso di Cimabue è a Santa Croce;

comunque tagliamo la testa al toro andiamo di là e vedrai che non c’è il Crocefisso di Cimabue, nella sala successiva mi sembra ci siano i senesi e Simone Martini!”

“Senti, amico, non farla fuori dal vaso….Tu, si che di là ci sono i senesi? Ma fammi il piacere, di là c’é Cimabue!” affermò perentoria.

Non restava che andare di là e…di là c’erano i senesi! Questa volta aveva avuto ragione Andrea.

Elisa non si dette per vinta e chiese al custode della sala: “Scusi, ma la Crocefissione del Cimabue è in restauro?”.
La custode una giovane dall’aria simpatica, ma non molto preparata seppe soltanto dire:
“A me non risulta che qui ci sia mai stata la Crocefissione di Cimabue, da quando son qui io la sala è sempre stata questa!”

“Ma lo credo, ha ragione signorina, è troppo giovane lei per avere conosciuto Cimabue” l’apostrofò Elisa che aveva intravisto nella risposta la possibilità che un tempo remoto la Crcefissione fosse stata lì.
“Se è per questo anche tu non l’hai conosciuto, sei più vecchia di lei, ma non decrepita!” disse Andrea cercando di metterla sul ridere.

“Mi prendi anche in giro, fai lo spiritoso perchè una volta tanto hai avuto ragione tu – poi cambiando tono e quasi ammansita guardò l’Annuncizione di Simone Martini e disse – Ma quanto è bella questa pala.”

Di fronte all’eleganza di Simone Martini dimenticò tutto e quella che per un bel po’ di tempo era stata una sfumatura di grigio nella loro vita di coppia si appianò. Simone Martini trasformò di nuovo la loro vita en
rose.

Potenza dell’arte e del bello i due serpenti tornarono piccioncini ed essi continuarono la visita sino a sera inoltrata.

La sera poi, dopo una bella scorpacciata di arte (non videro tutte le sale, ma sino al 600 sì) fecero una scorpacciata di pappardelle al sugo di lepre e qualche cantuccino con il Vin Santo.

Da Simone Martini inpoi per quel giorno si abbeverarono al miele della vita e si scordarono topi che rosicchiavano radici e il  drago che li attendeva per divorarli.

Firenze aveva di nuovo significato gioia di vivere e allegria!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

XII puntata da Un pò meno di 50 sfumature di grigio di Felice Rossello

XII puntata da Un pò meno di 50 sfumature di grigio

"Un pò meno di 50 sfumature di grigio"

XII puntata da Un pò meno di 50 sfumature di grigio

Sono le otto del matttino, Elisa ed Andrea sono sul marciapiede tre della stazione di Mongrifone.
Per due pensionati è un’ ora antelucana. Svegliarsi alle sei e mezza caricare sulla macchina i bagagli per un week end,, trovare posteggio è una fatica da giovani.

Andrea ed Elisa si svegliano tardi, e uscivano tardi.

A loro piaceva proprio questo aspetto della pensione: poltrire e invece per un weeek end fuori mura avevano dovuto rinunciare alla loro abitudine più bella!

Comunque cosa fatta capo ha!

Arriva il treno, puntuale cioè alle otto e sedici con dieci minuti di ritardo, cioè puntuale. Lo spiego a chi non prendesse mai il treno in Liguria: i dieci minuti di ritardo sono la normalità da noi, quindi dieci minuti diritardo è diventato l’orario.

Sappiatelo se prendete il treno in Liguria, arrivate pure dieci minuti in riatrdo e sarete in…orario. E non state a sentire qurelli che diconio che l’unica volta che arrivate calcolando il ritardo il treno arriva in orario, può capitare nel resto dell’Italia, in Liguria mai!

Non abbiamo neppure la linea raddoppiata. Se conoscete Toti diteglielo, ma a lui non frega perchè è Versiliano.
“Sempre in ritardo!” sbuffa Elisa sbadigliando!
“No è ha i soliti dieci minuti quindi.. e poi meglio dieci minuti di ritardo che morire in autostrada da noi crollano i ponti dell’Autostrada” commenta Andrea.

“C’è però una terza via” aggiunge Elisa.
“Quale?” chiede Andrea porgendo i bagagli alla moglie e salendo nello scompartimento a loro assegnato.

“Che i treni arrivino puntuali e che si faccia manuntenzione sulle strade!”dice Elisa indicando ad Andrea i posti 35 e 36 lo ro assegnati.
“Bella idea, ma da noi non ci pensano! Sin che lo stellone ci potregge va tutto bene.

Se capitano gli incidenti si dicono quattro fregnacce di suffragio alle vittime, si danno quattro soldi e si comincia come
prima, amore mio!”
“Pensiamo positivo, Andrea, godiamoci il week end!”

Il treno parte e, quando i due arrivano a Viareggio scendono, prendono un locale per Firenze e, alle 11 circa sono a Santa Maria Novella. Lì prendono un taxi e vanno all’albergo che da sempre è lo stesso, un
tre stelle in pieno centro a cento metri da Piazza del Duomo.

Arrivano in camera, si sistemano e cominciano a pensare cosa fare nel pomeriggio.
“Potremmo andare in Duomo, è qui vicino e poi è da un sacco di tempo che non ci andiamo!” esclama Andrea.
“Ma cosa dici, grullo, – Elisa non è toscana ma secondo il luogo dov’è usa i vocaboli indigeni . –

In Duomo ci andiamo sempre. Infatti sono tre anni che prendiamo questo treno e sono tre anni hai la bella pensata di rispondermi, quando te lo chiedo, di andare in Duomo perchè è vicino a noi!”
“Ma cosa dici l’ultima volta siamo stati a Ponte Vecchio, poi, al Bargello!”
“Andrea, perdi colpi, al Bargello mi hai promesso di andarci proprio in questo week end!” escalama Elisa.

“Io….promesso? Ma scherzi, al Bargello siamo stati l’ultima volta – poi più suadente – non ti ricordi che siamo poi andati dopo la scorpacciata di Donatello a mangiare in quel locale che si chiamava….aiutami,ti prego, non me lo ricordo…”
“Lo vedi…sei andato caro mio, comunque si chiamava Il Porcellino e abbiamo mangiato una pappa col pomodoro da urlo!” dice estasiata Elisa.
“Sì perchè i crostini dove me li metti?” chiede Andrea
“E’ Vero”.

Risolto il problema! Decidono che l’arte può attendere anch’essa contribuisce alla vie en rose, ma vuoi mettere un buon pranzo!
Così i nostri due amici trovano “la quadra” direbbe padre Bossi.
“Senti, Elisa, amore mio, prima andiamo a mangiare al Porcellino, poi decidiamo che fare, d’accordo?”

“D’accordo! A pancia piena si ragiona meglio” e schiocca sulle labbra ad Andrea un affettuoso bacio che segna la tregua delle loro diatribe.
Fossero più giovani, a questo punto prima del pranzo farebbero qualcosa che non è più nelle loro corde.

Cosa? Indovinate. Anche questa dimenticanza fa parte delle sfumature di grigio. Il cibo è certamente il miele che resta all’uomo di una certa età che si dimentica però…cosa ditelo voi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

XI puntata da Un pò meno di 50 sfumature di grigio di Felice Rossello

XI puntata da Un pò meno di 50 sfumature di grigio

"Un pò meno di 50 sfumature di grigio"

XI puntata da Un pò meno di 50 sfumature di grigio

Teresa era una carissima amica di Elisa ed Andrea. Una bella donna un tempo ormai però quasi ottantenne, che, ai “suoi tempi”, aveva fatto impazzire tutti i suoi coetanei maschi in eccedenza ormonale, com’è naturale (se impazzissero per lei anche le femmine di allora non si ha notizia, perchè l’omosessualità veniva taciuta!).

Ancora oggi comunque si presentava bene e non mostrava gli anni che
aveva. Elegante, brillante, colta aveva una sola piccola sfumatura di grigio in questa “vie en rose” che vogliono raccontare i miei racconti: era sorda e non voleva darlo a vedere.

Aggrappata all’albero della vita con tutte e due le mani, salda e ritta, malgrado il baratro che prima o poi ci inghiotte tutti (toccatevi pure intanto non vi vedo!), amava la vita , la sordità perciò era un impendimento a poter vivere compleatmente come voleva lei, quindi sull’argomento glissava.

La incontrarono Teresa, sul lungomare mentre passeggiavano, come al solito, quando restavano a Celle.

Erano le 7 e aspettavano l’ora di andare a cenare a casa di amici
L’ abbracciarono e baciarono. Inutile dire che Elisa la gaurdava con un po’ di gelosia perchè era convinta che Andrea avesse avuto una storia con lei, da giovane….E invece, purtroppo no, ci aveva provato come
tutti allora, ma lei aveva rifiutato sdegnosamente.

Gli dissero, a quei tempi, per consolarlo, perchè Andrea ci restava male quando non riusciva a conquistare una donna, che se la faceva con un velista e uno sfigato (atleticamente) come lui non poteva competere!
“Teresa, che piacere vederti!” disse in tono mellifluo Elisa.

“Non vedo esperti qui in giro!”
“Non esperti – precisò Andrea – siamo lieti di vederti, e di vederti in buona salute!”

“Sì Andrea hai ragione hai sempre fatto battute divertenti. Mi ricordo a una festa di compleanno di non so chi, avevi rubato la scena a tutti con le tue battute, sei sempre sato un ragazzo simpatico – poi si
rivolge ad Elisa – vero Elisa, scommetto che lo hai sposato perchè era ed è un tipo divertente!”

“Parlavamo di salute – disse malignamente Elisa che non gliene faceva passare una e voleva sottolineare la sua sordità– e non di battute…e poi a me di lui – e mi guardò – piaceva lo spirito di inziativa che
aveva!”

“No, non penso che amasse l’invettiva! -ci pensa un po’ su e poi dice – no, Andrea era un tipo pacifico.

E’ un bon vivant, non avrebbe mai litigato o polemizzato con qualcuno.”
La cosa stava diventando imbarazzante anche perchè Teresa, come tutti i sordi, parlava a voce alta e quelli che passaggiavano sul lungomare sentivano tutto. Ad Andrea un po’ dispiaceva perchè vedeva spiattellate così, gratis et amore dei, alcune sue caratteristiche, gli dava fastidio. In fondo era una persona riservata!

Cambiò quindi discorso e provò a farsi capire sillabando:
“Di-ce-va-mo che ti tro-via-mo be-ne!”
“Cosa fai? Sillabi, mi hai preso per sorda – si adirò – guarda che ho sentito benissimo quello che avete detto”
Poi cambiò discorso. “Dove ve ne andate di bello, sposini?”

“Passeggiamo per Celle per fare venire l’ora di cena!” disse Elisa.
“Perchè dici che Celle fa pena?” chiese
“No – s’incapponì Elisa – ho detto che facciamo venire l’ora della cena, per andare a mangiare“ sottolineò tignosa.

“Ah capisco prendete un po’ di aria di mare, anch’io cammino qui perchè sul lungomare si respira aria balsamica!”

Elisa si adirò, non si arrendeva all’evidenza e precisò imperterrita:
“Ma che aria balsamica d’Egitto, ma che mare, abbiamo detto mangiare, mangiare, mangiare, accidenti” l’ultimo infinito Elisa lo pronunciò urlando e tutti in passeggiata la guardarono.

Andrea un po’ si vergognò.
“Non gridare, cara, – disse con astio Teresa – ci sento sai; hai detto che andate a mangiare e dove di bello, io stasera sono invitata a casa dei Del Bene, simpaticissime persone, così ospitali!”

“Sì è vero -Andrea colse la palla al balzo perchè il dialogo tra Elisa e Teresa non finisse in lite – sono bravissime persone. Noi andiamo a cena dai Ricciardi, invece…”
“Sì, bravi, sono contenta per voi – guarda l’orologio – uh, è tardi devo andare, be’ mi ha fatto piacere vedervi!”
“Anche a noi!” – disse Andrea sollevato. Avevano trovato il modo di troncare la conversazione senza screzi.
“Allora ciao” disse Elisa che le strinse la mano (non la baciò come all’inizio, ci sarà un motivo?)
“Ciao!” disse Teresa che si protese però a baciare Andrea, poi se ne andò.
Elisa lo fulminò con lo sguardo, come a dire :”Ha 80 anni, ma ti fai baciare ancora!, vecchio porco!”.
Andrea la guardò come e a voler dire: “E’ lei che l’ha fatto, io sono incolpevole!” Ma in cuor suo si “gasò”. Noi uomini siamo così, un po’ narcisi….Per Andrea, ma solo per lui, in quel momento la vie fu “en rose”.

Qualche volta il grigio colpisce solo gli altri! Povera Elisa. Ma lei si sarebbe rifatta di lì a poco perchè andavano a cena a casa di una sua antica fiamma.

Hai voglia di scrivere romanzi o racconti dove tutto va
bene. Non è possibile, qualche magagna da raccontare c’è sempre! Capite ora perchè si scrive perchè esiste sempre nella giornata la sfumatura di grigio. E’ l’anomalo che fa il racconto!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

X puntata da Un pò meno di 50 sfumature di grigio di Felice Rossello

X puntata da Un pò meno di 50 sfumature di grigio

"Un pò meno di 50 sfumature di grigio"

X puntata da Un pò meno di 50 sfumature di grigio

Giorgia e Giorgio erano due amici, abbastanza recenti, di Andrea ed Elisa. Di una decina di anni più giovani di loro.

Elisa ed Andrea li avevano conosciuti ad uno spettacolo teatrale che si era tenuto qualche anno prima al Teatro Sacco di Savona.

Il Sacco esiste davvero, Giorgia e Giorgio me li sono inventati io per il mio story telling perchè mi piaceva l’invenzione tutta mia di chiamarli con lo stesso nome.

Banale mi direte voi? Può darsi, ma a me piace mi diverte e il gioco poichè lo scrittore sono io lo conduco io, voi lo dovete subire, sia chiaro, sino a un certo punto perchè se smettete di leggermi mi cancellano la rubrica e quindi devo stare a contentare anche voi.

Perchè li faccio intervenire a questo punto della storia?

Perchè legato a loro mi è venuto stanotte un racconto tra il serio e il faceto che mi fa divertire e penso faccia divertire anche voi perchè è un vizio che ci accomuna tutti o quasi e quando leggiamo o vediamo al
cinema vizi comuni propri degli esseri umani ci ridiamo sopra convinti che appartengano agli altri e non a noi.

Dunque Giorgia e Giorgio, appassionati di teatro riuscirono a convincere Elisa ed Andrea ad andare al Chiabrera a Savona a vedere uno spettacolo che poteva essere interessante.

Era uno spettacolo di Andrea Celestini, grande affabulatore e narratore. Dico subito che ad Andrea ed Elisa tutti gli eventi artistici interessavano, ma non erano maniacali. Giorgia e Giorgio invece facevano parte di quelle persone per cui l’unica e sola forma d’arte è il teatro, il resto era per loro solo passatempo.

Di teatro sapevano tutto.
Andavano in giro per l’Italia. Se per Andrea ed Elisa tutti i mezzi dicomunicazione potevano essere anche arte per Giorgia e Giorgio esisteva solo il teatro.
Comunque Giorgia e Giorgio non solo convinsero i nostri ad assistere allo spettacolo, adirittura li convinsero ad andare in macchina con loro, cosa che non facevano spesso perchè ad Andrea ed Elisa piaceva guidare.

Quella sera salirono, dietro, nella Volks Wagen di Giorgio.
Al volante c’era lui. Erano le sette e mezza dovevano essere a Savona per le nove. Avevano preventivato di mangiare prima una pizza.

Ad Andrea ed Elisa pizza e Coca Cola facevano schifo, per loro il mangiare era sacro, per Giorgia e Giorgio veniva prima il teatro: si mangiava per vivere e non si viveva per mangiare, secondo loro.

Ma Andrea ed Elisa avevano accettato anche questo per il gusto antropologico di studiare come vive l’”homo teatralis”, una specie in estinzione forse, ma per questo più interessante.

Del resto anche l’”homo cinematographicus”, nella sua fase integralista non bada al cibo! Arte e cibo sono la stessa faccia della medaglia del saper vivere, non per gli integralisti a quanto pare. Per loro esiste solo la loro mania!

Il viaggio da Celle a Savona non è lungo, ma fu un calvario perchè Giorgia era di quelle persone che si mette a fianco del guidatore e guida lei.

Cominciò da quando Giorgio uscì dal posteggio:
“Attento, sta arrivando una macchina” disse con un gridolino “lasciala passare!”
“L’ho vista – rispose serafico Giorgio – infatti la lascio passare!”
Il viaggio cominciò, dopo un po’ Giorgia si rifece sentire, guardò il tachimetro e disse:
“Non ti sembra di andare troppo forte, sta toccando gli 80 ….”
“In questo tratto si può andare a 90 all’ora” disse un po’ inalberato Giorgio “Guarda che vedo anch’io la velocità che faccio; – e aggiunse con aria suadente – lo sai, amore, che non mi hanno mai tolti punti dalla
patente…”

“Per pura fortuna, se fossi la Stradale io, sai quante multe ti darei…Non rispetti mai gli stop…”
“Non è vero, se qualche volta li salto è perchè non ci sono macchine!”
“Non si fa, lo stop va sempre rispettato!”
“Sì hai ragione – cercò di inserirsi Elisa – ma a volte faccio anch’io quello che fa Giorgio!”

“Ebbene se lo fai, fai male; non si fa, lo dice il Codice Stradale!” squittì Giorgia rivolgendosi ad Elisa.
“Se dovessimo applicare il codice alla lettera, non circoleremmo più” aggiunse Andrea

“Se lo applicassimo alla lettera ci sarebbero meno incidenti – affermò, poi fece una pausa e, spaventata, si rivolse a Giorgio – attento c’è un….”
“…pedone che attraversa sulle strisce e io stavo per fermarmi e farlo passare, ci ho gli occhi anch’io e che cazzo” questa volta Giorgio si inalberò davvero: “Guido da vent’anni, non ho mai avuto un incidente
(Andrea si toccò e passò un cornetto che aveva in tasca ad Elisa), non mi hanno mai tolti punti, faccio questa strada due a volte al giorno e devi rompermi!”

Giorgia ci restò male, stava per mettersi piangere, allora Giorgio con fare dolce le disse:
“Scusa amore, mi sono saltati i nervi!” La guardò e si tese per darle un bacio, ma lei tirò un urlo:
“Che, fai, guarda a vanti non è il momento delle coccole. Ogni cosa a suo debito.”

A questo punto Andrea non ci vide più e disse un po’ alterato.
“Ma scusa Giorgia, se hai così paura della guida di Giorgio e non ti fidi, perchè non guidi tu?”
“Io, fossi matta, non ho la patente!”

Nessuno parlò più sino a Savona. Un po’ di grigio avvolge l’ultimo fotogramma di questo racconto.
Andrea ed Elisa sperarono di assaporare il miele da Celestini.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Prendi un brillante autore savonese come Felice Rossello, dagli una penna in mano (o una tastiera, se preferite) ed il mondo – non dubitatene – si colorerà di tinte del tutto inaspettate…

Seguite la sua nuova rubrica, “Felice si nasce”

FELICE SI NASCE
I bei tempi delle ciucche! di Felice Rossello

I bei tempi delle ciucche! di Felice Rossello

“E' finito l'inverno! “Ma cosa mi vuoi dire – mi dice l'amico che sta bevendo al bar con me – Sei ciucco – poi sbuffando – Non ti riconosco più, per farti straparlare una volta ti ci volevano due bottiglie, adesso ti basta un biccchiere di Prosecco, dico Prosecco un...

Felice si nasce / Puntata 2 di Felice Rossello

Felice si nasce / Puntata 2 di Felice Rossello

Felice si nasce / Puntata 2 di Felice Rossello - Ho trascurato questa rubrica non perché affetto dall'ansia di prestazione dello scrittore. Altre ansie di prestazione ho, ma l'età è una buona giustificazione. Semmai la realtà offre talmente tanti spunti di satira che...

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