tempoViviamo un tempo sospeso,  chiusi tra le mura di casa, in una bolla. Con  la paura che un nemico sconosciuto possa compromettere la nostra vita e quella di chi ci sta accanto.

All’interno delle nostre abitazioni cerchiamo di scandire il nostro tempo in modo più o meno intelligente Alla mattina quindi, ci impegniamo in faccende domestiche, che mai avremmo voluto fare. Diventiamo tutti cuochi improvvisando ricette da chef. Per  finire la sera pizzaioli (siamo o non siamo il paese della pizza?). In mezzo ci sono sedute quasi ossessive di ginnastica o yoga, partite a monopoli (per chi è rinchiuso, ma ha la fortuna di  non essere single)  Diversamente lunghi solitari  a carte o puzzle da comporre, sperando che il gatto non si porti via una pezzo.

Molto del nostro tempo lo passiamo poi sui social a scrutare i profili, a leggere notizie vere e false, alla ricerca di una verità che nessuno conosce. Postando come eravamo, nella speranza di poter ancora essere, in un domani non ben definito. Attenendoci il più possibile alla regola dell’isolamento, finiamo per domandarci se in questa bolla respiriamo solo noi e il fuori è solo frutto di un “Truman Show” o veramente esiste.

Abbiamo poi l’opzione dell’uscita per la spesa, che diventa l’ora agognata d’aria (quasi come i carcerati). Con attenzione ci prepariamo come se dovessimo andare al fronte, tutti coperti con mascherine, guanti e se possibile anche gli occhiali. E qui entra in scena la commedia del supermercato, dove ci muoviamo con passi felpati e furtivi tra le corsie. E quando nel nostro raggio d’azione si presenta un altro umano, non lo guardiamo con simpatia, ma come un alieno che sta invadendo il nostro spazio vitale, siamo automi in movimento, con poca voglia di empatia.

Marzo verrà ricordato come il mese che non si è vissuto, mentre a ben guardare abbiamo fatto tanto, forse più cose che mai, ma in spazi circoscritti, Un mese in cui abbiamo vissuto  in equilibrio tra la razionalità e la paura della pazzia, nell’attesa che qualcuno ci desse l’autorizzazione a  ritornare noi stessi: umani empatici, magari incazzati, ma vivi.

Brunella Delfino

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