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Ormai, se mi leggete abitualmente, sapete che manifesto sempre il mio diniego per qualcosa; che i miei pezzi hanno quasi sempre lo scopo di analizzare e denunciare quei comportamenti umani che irritano il mio sistema nervoso.

Poi mi rendo anche conto che potrei dare un’impressione di me stessa, a chi interessasse averne una, un po’ ingannevole. Perché sì, ci sono varie cose in questo mondo, e nei comportamenti della gente, che mi irritano fortemente, ma ci sono anche molte cose che mi entusiasmano.

In questo momento di grandi tensioni, di personaggi che fanno campagna elettorale cavalcando il momento tremendo che tutti stiamo vivendo, mi piacerebbe porre l’accento su quelle facce che ormai sono familiari, e che la sera attendiamo tutti con apprensione.

Facce di gente che lavora incessantemente, che si prodiga per il bene comune e che la sua, di faccia, ce la mette con una costanza quasi commovente.

Una di queste è quella di Angelo Borrelli.

 

Ieri sera ricevo la telefonata di una mia carissima amica. Mi chiama, e, parlando del più e del meno come facciamo sempre, dice queste parole:

“Ma cosa ne vogliamo dire di Borrelli? Borrelli è un figo!”

Premetto che la mia amica trova fighi uomini che fuoriescono dai canoni della, passatemi il termine che non esiste, fighezza. Questo me la fa amare, se possibile, anche di più. Perché è facile trovare fighi quelli che investono la loro vita nella cura del loro lato estetico e nella ricerca del giusto look; più difficile, e assai raro, è cogliere quel lato ganzo in chi indossa un pullover blu e si presenta con un viso stanco e provato.

Comunque, dicevo, la mia amica afferma che Borrelli è un figo e, anche se io ho sempre una certa pudicità -di donna maritata e d’altri tempi- nell’esprimere opinioni sulla beltà maschile (soprattutto se a fianco a me c’è mio marito!) questa volta devo darle ragione.

 

In sottofondo, il marito di lei protesta, dice “figurati se la zia Pat ti dà ragione!”. Il fatto è che anche lui mi conosce molto bene, e sa perfettamente quanto io sia un po’ vecchio stampo, riguardo al manifestare certi apprezzamenti; ma quel che non sa è che anche il mio, di marito, è d’accordo: ”Borrelli è un figo senza dubbio, certo che lo è”, dice infatti senza remore.

Così lo decantiamo, Angelo, con questo nome apocalittico. Lo facciamo tutti insieme, in una di queste telefonate in vivavoce che si fanno ultimamente come fossero il surrogato di una cena.

Parliamo di questa faccia che, con arrendevolezza onesta, ogni sera, si siede lì davanti e dice cose terribili. E lo fa ormai da parecchi giorni, giorni che per noi galleggiano nell’immobilismo, e che per lui sono di lavoro eccezionale. La mia amica nota anche che è dimagrito, che in effetti più smilzo sta meglio. Ma comunque ne tessiamo le lodi come se stessimo parlando di un divo del cinema, complice qualche calice di vino e la serata allegra.

Era capitato altre volte di vedere quest’uomo parlare: non è che di tragedie non ce ne siano state da quando è capo della Protezione Civile. Basti pensare al Ponte Morandi: non sono trascorsi nemmeno due anni da allora.

Però, in questa veste di capotavola che si siede ogni sera con noi e fa la conta dei contagiati e dei morti, è inedito anche il suo approccio.

Lo fa semplicemente, il suo bollettino, senza toni teatrali, senza i filtri della demagogia, solo così, con una partecipazione personale che potrebbe essere quella di chiunque. Come se il vicino di casa o il formaggiaio ci informassero di una situazione di gravità ed emergenza.

Pure se è certamente una persona di alto livello professionale, si pone sempre come se fosse uno di noi, uno che si guarda intorno e cerca di trovare un senso anche per chi non ci riesce da solo.

Per me che delle persone ho sempre apprezzato la normalità, quel modo benevolo e inconscio di essere se stessi, uno come Borrelli, al di là del senso estetico e dell’idea comune di bellezza, è assolutamente un figo. Figo nel senso più alternativo possibile.

 

Dopo la nostra telefonata, che ha preso i toni allegri dello scherzo, ma anche quelli seri di chi dà importanza allo spessore di una persona, mi sono trovata a riflettere. A pensare che in un nuovo mondo dove i fighi siano quelli che fanno qualcosa di importante, ci sarebbe spazio anche per la cultura. Che se i fighi avessero la tartaruga solamente in giardino, e gli uomini comuni fossero quelli che fanno cose che è necessario fare, come rispettare la vita e le differenze di tutti, i bulli non esisterebbero.

Se quegli uomini che oggi si pongono con violenza e aggressività, persino quando occupano posti istituzionali, non trovassero riscontro, perché altri si pongono con umanità, allora la normalità sarebbe considerata mentalità e non condizione sociale. La normalità sarebbe un modo nobile di approcciarsi alla vita e agli altri, così, semplicemente, senza né proclami né spavalderia. Perché il problema, in un mondo dove i fighi sono quelli che hanno gli addominali, è che se non hanno quelli possono imporsi solamente con il potere, con la ricchezza e con il raggiro.

Ché in un mondo dove elementi come questi hanno un peso sociale, e la cultura è un fatto straordinario, la normalità tende purtroppo a vestire i panni dell’ignoranza.

È un automatismo strano, ma è vecchio come il mondo: quando la gente si lascia irretire da elementi privi di sostanza, a sedurre dalle prove di forza, gli impostori proliferano indisturbati.

 

Patrizia Ciribè