Senza un ecosistema degli oceani funzionante, non abbiamo un’atmosfera funzionante. Senza una atmosfera funzionante Noi siamo letteralmente morti.” Keegan Kuhn, videographer attivista.

Più di 8 milioni di tonnellate di plastica finiscono ogni anno nell’oceano e stanno contribuendo a formare isole di kmq di plastica galleggiante sparse per il mondo.

Con il movimento attivista Fridays for future di Greta Thumberg, già l’anno scorso tra i giovani si era diffusa la sensibilità sul tema e anche in Italia molte amministrazioni si sono prodigate per dare l’esempio imponendo la “plastic free”, a partire dalle scuole. Milioni di borracce di alluminio al posto dei distributori di acqua in bottigliette di plastica.

Ma il problema dell’inquinamento dei mari resta. Ѐ dagli anni ’80 che avviene questo crimine contro noi stessi. Servono soluzioni immediate e prese di posizione coraggiose per porvi rimedio.

Recupero e riciclo della plastica dai mari

Con il provvedimento del 25 ottobre 2019, chiamato la “Legge SalvaMare”, lo Stato Italiano vuole “promuovere il recupero dei rifiuti in mare e nelle acque interne e per l’economia circolare”. Qui trovate il testo: https://temi.camera.it/leg18/provvedimento/legge-salva-mare.html

Un sistema di economia circolare che deve avere un’organizzazione a monte: non basta raccogliere, se pur accidentalmente, i rifiuti; è necessario che le aziende, a cui andrebbero conferiti gratuitamente, sappiano come sfruttarli al meglio. È qui che si concentra il salto di qualità, il passo decisivo verso una salutare qualità dei mari e conseguente qualità della vita, in terra. Ci si augura che la visione sostenibile e a lungo termine sia un faro per i governanti che dovranno gestire i finanziamenti che arriveranno dall’UE. E in Italia di aziende di eccellenza nel settore ci sono.
Ci si augura che gli investimenti siano mirati perché il sistema di riconversione di materiali inquinanti funzioni. Ci si augura tante cose…

Esempi

Di esempi della riconversione del materiale plastico diffuso nei mari ce ne sono. Una, a livello internazionale, si chiama 4Ocean. L’ho conosciuta circa due anni fa, quando uno dei miei figli compra un braccialetto di plastica riciclata. L’obiettivo dell’azienda è ripulire gli oceani della plastica, separarla per colore e consistenza e conferirla verso altre aziende che la lavorano per gli utilizzi più svariati. Il braccialetto è una forma di auto finanziamento per le missioni in tutto il mondo. Qui trovate una video spiegazione della loro mission:  https://www.youtube.com/watch?v=XZnSHGgFHQM

Anche a livello casalingo è possibile “riconvertire” la plastica. Tra le mie escursioni nella nicchia del riciclo ho scoperto Soledad, che con il suo marchio Lole-moda sustentable pratica una forma di economia circolare molto interessante. La materia prima sono le borsette di plastica, quelle del supermercato per intenderci, che, con un sistema semplice, vengono riconvertite in “pelli di plastica” a disposizione della confezione di accessori unici. Obiettivo: generare la circolazione di un materiale inquinante per usi alternativi, cosiddetto anche, e lo ripetiamo, Economia Circolare. La moda sostenibile che parte da plastica di scarto e quant’altro voleste sapere lo trovate qui: https://www.holalole.com/en/  

Conclusioni propositive

Possiamo renderci utili in tanti modi. Io ve ne ho suggeriti un paio: il primo è quello di restare consumatori, acquistando consapevolmente oggetti derivanti da materiali di seconda mano. Oggetti di design e pezzi unici con un valore aggiunto perché a salvaguardia dell’ambiente.
Si è consumatori consapevoli perché si è informati.
Il secondo, ma vale per chi si vuole mettere in gioco, realizzare autonomamente un prodotto, un bene utilizzando scarti, materiali di riciclo e seguendo ciò che la creatività suggerisce.

Io mi sono specializzata in riciclo di stoffe di abiti in disuso, ma questo sarà l’argomento del prossimo articolo…