Bimbi dimenticati: niente spiaggia, niente mare e niente decreto bimbi Siamo al 16 maggio, venerdì. Questo è il quarto articolo che scrivo per la rubrica di I Savona sull’argomento bambini, centri estivi e possibili aperture di ludoteche e spazi gioco. Sono passate quattro settimane, giusto? Era chiaro dall’inizio che bambini e operatori per l’infanzia fossero stati dimenticati dallo Stato, ma perché continuare a parlare dell’argomento in televisione? Il presidente Conte ha annunciato che ci sarà la riapertura dei centri estivi e degli asili nido in una piccola frase del suo ultimo discorso. La notizia è arrivata a tutti, comprese le mamme che hanno giustamente iniziato a telefonare nei vari centri per bambini e a chiedere informazioni. Nessuno può ancora rispondere e dobbiamo ancora aspettare il decreto che, per ora, è uscito solo per spiagge e ristoranti.

Visto che non c’è ancora il “Decreto bimbi” per poter riaprire i centri estivi, sembra improbabile riuscire a farcela per giugno. Le tempistiche di realizzazione per un centro estivo prevedono mesi di preparazione, in tempi normali. Ora, in tempi di Covid, sarà ancora più difficile prepararsi alla riapertura di ludoteche e parchi gioco.

È tutto più complesso, dalla messa a punto della location ai contenuti della struttura. Già, perché riaprire una ludoteca o un parco gioco non è come riaprire un semplice negozio. Con tutto il rispetto per le altre categorie, la situazione di questo settore è molto più complessa perché prevede di accudire per ore “materia umana”, piccole menti che, dopo un isolamento mai visto, ora si trovano in uno scenario ospedaliero, dall’andare a fare la spesa all’interazione con gli amichetti.

Partiamo da questo aspetto e cerchiamo di analizzarne altri, con l’aiuto di tre professioniste che ho avuto il piacere di conoscere e con cui mi sono confrontata negli anni nel mio percorso da responsabile del Centro Maya.

 La dottoressa Giovanna Ferro, psicologa savonese, propone una riflessione sull’isolamento dei bambini negli ultimi mesi: “Come succede per gli adulti, anche i bimbi soffrono per il lockdown e per tutte le sue conseguenze a livello psicologico. Per i più piccoli sarà un problema anche farli uscire di casa. Ci sono molti bambini che ora hanno paura, per via del virus, perché negli ultimi mesi hanno respirato preoccupazione nell’aria, domestica e non solo. La televisione invia spesso messaggi forti ai bimbi e quest’ultimi interiorizzano il messaggio in modo profondo. La mediazione genitoriale è fondamentale. Inoltre, da un altro canto, la parte della conflittualità si alza, soprattutto per gli adolescenti, perché il lockdown ha messo a dura prova i nervi di ragazzi e genitori. Alla base ci saranno dei grandi cambiamenti, dettati in particolare dalle nuove forme della comunicazione a distanza e dalla ripresa di alcune vecchie e sane abitudini della tradizione, dimenticate già in tempi pre-pandemia“.

 La dottoressa Maura Montalbetti, psicologa in pensione impegnata da sempre in progetti didattici nelle scuole su temi di sensibilizzazione sociale (tra cui il bullismo e i disturbi alimentari) risponde così alla domanda su come ripartire senza creare troppi traumi ai bimbi e dare gli strumenti giusti agli operatori del terzo settore: “Sono molto preoccupata per i possibili posti di lavoro che andranno persi nel momento in cui gli operatori del terzo settore non riescano a rientrare alle loro mansioni. Questo però implica una riflessione sugli strumenti e sulle responsabilità di quest’ultimi. La preoccupazione si allarga ai bimbi e agli adolescenti che in questo momento stanno perdendo una grande occasione, sperimentare la noia senza darle il giusto valore. La noia ha un grande valore di crescita, invece purtroppo è colta come assenza della capacità di coinvolgere. Stiamo dimenticando i nonni, che in tutto questo hanno sempre rappresentato un aiuto famigliare importante: a 65 anni non puoi uscire di casa ma fino a 67 anni hai un ruolo produttivo. Navighiamo a vista per un’apertura senza consapevolezza”.

È inutile “fissarsi” sull’assenza del decreto bimbi: andiamo avanti per davvero, cerchiamo altre possibili strade, partendo da ciò che stiamo vivendo e accettando la trasformazione in atto nella nostra società.

 La dottoressa Paola Ricca, esperta in tecniche e percorsi dell’apprendimento scolastico, ideatrice del metodo Freenauta, ipotizza una nuova via per gli operatori del terzo settore, partendo dall’analisi di ciò che viviamo ora: “Nel giro di pochi mesi stiamo vivendo una trasformazione epocale di tendenza sociale. Fino a pochi mesi fa, nessun genitore era in grado di sapere cosa facessero i figli in classe o che livello di conoscenze avessero acquisito durante le lezioni o coi compiti a casa, spesso svolti anche quest’ultimi a scuola o nel doposcuola. C’è una maggiore consapevolezza dei genitori su dove sono realmente i propri figli su un piano culturale. Questo ovviamente non esclude la fascia da zero a tre anni che, grazie alla bellissima introduzione nella nostra vita di dispositivi digitali, perde completamente lo stimolo della manipolazione e movimento del proprio corpo, così da produrre disfunzioni a livello d’apprendimento già alla scuola dell’infanzia, spesso trascinate fino alle elementari, alle medie e, se non si interviene, magari tutta la vita. Dobbiamo imparare dalla scuola a distanza che è possibile un ritorno alle tradizioni, con l’introduzione a casa o a distanza di teacher competenti”.

Prendiamo proprio questo come possibile scenario positivo da condividere in era di estate covid. Un ritorno alle origini, dove si aprono le porte a operatori del terzo settore davvero preparati su tutte le “materie”, non solo scolastiche ma di comportamento, cura e amore per la propria persona e per il prossimo, empatia, mediatore genitoriale, supporto psicologico per la famiglia. Una vera rivoluzione, che ci riporta alla scolarizzazione domestica, quella di un tempo, all’attivazione di un codice comportamentale e culturale. Saremo davvero pronti a imparare un nuovo modo di studiare e giocare in così breve tempo?