Tra le storie che ho scritto e le tante che ho letto nella mia vita, ritornano spesso gli echi delle voci che maggiormente mi hanno guidato e condizionato.

Leggendo impari a sentire le cose intimamente, come fossero le lenzuola della tua infanzia.

Non è qualcosa che fai scientemente; un esercizio che ti imponi per avere il controllo su quel che succede fuori e dentro a te stessa. È piuttosto una necessità involontaria.

Esattamente come quando cammini per strada e scegli i punti dove mettere i piedi, il posto dove guardi con maggiore attenzione, la zona che preferisci, riceve più facilmente il tuo passo.

È un approccio che ti isola un po’ da quel modo caotico delle normali conversazioni, dove sembra sempre importante l’aspetto che non avevi considerato.

Questa chiave di lettura della vita tende a isolarti, e lo fa sempre di più; ti assorbe come fossi acqua, talvolta come se le tue parole scomparissero inascoltate.

Forse è anche la motivazione per cui ti ritrovi a scrivere; quella per cui ti ritrovi costantemente in compagnia delle tue storie.

Perché normalmente, per parlare ricevendo ascolto, devi avere un approccio realistico, quasi cinico, che non ti appartiene.

Ciò che importa è il chi, il cosa, il come. Importa poco tutto quello che non è definibile attraverso i canoni più comuni.

Così, quando hai questo passo che sceglie sempre di incamminarsi verso gli aspetti inascoltati della vita, la lettura è il tuo rifugio, ma soprattutto lo è la scrittura.

La lettura è il modo con cui ho imparato a ragionare; a scegliere come pensare; a cambiare un pensiero che avevo e che non mi piaceva.

È il modo con il quale ho capito che per cambiare una parte di me, o anche solamente un’idea, non c’è mai un limite.

La scrittura è il modo con cui ho imparato a ricordare la vita, le persone, quelle sfumature troppo tenui, che finiscono per diventare come la polvere dei rischi che si sono corsi.

La lettura e la scrittura sono i mezzi con cui sento sempre di avere molti anni e pochi allo stesso tempo: molti da raccontare e pochi quel tanto che basta per non perdere l’entusiasmo.

In questo pezzo di oggi, mi è nato spontaneo interrogarmi su quanto poco spazio si dia alla necessità espressiva. Un aspetto dell’animo umano che non riguarda solamente noi autori, o in generale gli artisti; riguarda il lato inascoltato di noi stessi, che alla lunga diventa disagio.

Se avete la fortuna di avere qualcuno che ascolti la vostra voce, magari anche senza capirla sino in fondo, dovete sentirvi già dei narratori felici.

Se avete la capacità di viaggiare leggendo, sarete i viaggiatori più attivi, quelli che non incontreranno i limiti nelle stagioni, nei mezzi e nella capacità fisica.

Non solo. Più viaggiatori avremo e più anche le zone inesplorate dell’animo umano saranno i luoghi felici di domani; le mete più ambite, gli argomenti più dibattuti.

È con questo sogno che mi sono svegliata quest’oggi: il sogno che proliferi la curiosità per i luoghi inesplorati dell’anima, luoghi che l’autore racconta per non dimenticare e affinché il lettore, attraversandoli, possa viaggiare.

Patrizia Ciribè