Amare troppo: dove si impara?

Oggi vi presento la questione dell’amare troppo e del dove si impara, perché sono entrambi aspetti mentali che andrebbero esplorati attentamente per evitare di sperimentare un grado di sofferenza acuto.

È difficile far capire alle donne che cosa significhi esser incastrate in una relazione sentimentale inadeguata (perché l’amare troppo è collegato soprattutto alle donne), senza far scattare anche il senso di colpa ed il sentirsi sbagliate; per poi arrivare però a farle sentire in diritto di vivere felici e quindi di modificare la gestione della relazione sentimentale.

<Non crediate che la dipendenza relazionale non sia abbastanza grave da uccidervi. È una condizione che produce uno stress incredibile, e noi tutte sappiamo che lo stress può uccidere. Siate disposte a qualunque sacrificio per liberarvene. Si tratta di salvare la vostra vita> p.177*

* La citazione è tratta dal testo di Robin Norwood “Un pensiero al giorno (per donne che amano troppo)” Universale Economica Feltrinelli

Robin Norwood ha scritto anche “Donne che amano troppo” per divulgare al pubblico il tema della dipendenza affettiva. Non ha mai fatto mistero della gravità del problema, e nelle parole soprastanti giustamente rimarca quanto alcune condizioni mentali ed affettive possano produrre un livello tale di stress da compromettere la vita delle persone stesse. Nello stesso tempo invita ed incita alla vita, induce proprio un moto di ricerca di salvezza; anche se non è sempre molto facile e soprattutto il cambiamento richiede tempo.

Ritornerò sulla questione anche nei miei prossimi articoli sul tema, ma voglio già sottolineare quanto sia importante rivolgersi a psicoterapeuti preparati su questa tematica, specializzati adeguatamente, sentirsi in diritto di chiedere al professionista a cui ci si rivolge o meglio ancora informarsi preventivamente sulla formazione specifica. Spesso le donne che amano troppo non riescono ad incrociare gli psicologi adeguati e questo andrà a confermare il loro sentirsi sbagliate!

Vorrei aggiungere che come psicologa e psicoterapeuta sono fiera di essermi formata presso il Centro Dipendiamo di Bergamo, Centro per la cura delle New Addiction, perché quando le persone cercano aiuto è importante che ricevano delle risposte da professionisti seri e soprattutto adeguatamente formati su certi tipi di tematiche!

A riguardo della dipendenza affettiva in questo articolo vorrei fornire anche alcuni spunti di riflessione sulle condizioni della famiglia di origine della dipendente e sulle relazioni tra dipendente e rispettivi genitori. È una sorta di scatto fotografico su un determinato funzionamento familiare, che non vuole incolpare nessuno, anche se spesso nelle considerazioni sui genitori le persone si offendono per quello che viene descritto.

<Nella storia familiare della dipendente affettiva viene fuori la bambina “tappezzeria”, invisibile agli occhi dei genitori, che non poteva esprimere i suoi bisogni, apparentemente sempre autosufficiente. Per quanto riguarda la relazione madre-figlia: madre non realizzata e insoddisfatta, infelice del suo rapporto di coppia; figlia spesso presa come confidente delle frustrazioni coniugali. Mamma incentrata sul suo dolore, che non riesce a pensare anche ai bisogni della figlia. Figlia che è costretta ad imparare a fare da sola, in più sente la sofferenza della mamma e cerca di consolarla facendo la brava bambina.
Impara ad occuparsi e a pensare ai bisogni della mamma e a soddisfarli.
Rapporto padre figlia. Papà in prevalenza emotivamente distante, non ha troppo dialogo con la figlia, la cui cura lascia alla mamma. Essendo stato spesso il padre, un figlio profondamente privato di affetto e con carenze emotive, fa apprendere alla figlia un modello maschile freddo, problematico. Anche con il padre questa figlia deve fare lo sforzo di “capire” cosa pensa e cerca di prendersi cura di lui.

La bambina si struttura attorno all’idea di dover capire i bisogni degli altri e soddisfarli. Nessuno la aiuta a capire quali siano i suoi bisogni e questo le impedisce di sviluppare un’autonomia affettiva> Contenuti tratti dalle lezioni della dott.ssa M.C. Gritti, Psicologa e Dottore di Ricerca in Scienze Umane, sulla Dipendenza Affettiva, fondatrice del Centro Dipendiamo – Bergamo.

Quante donne ho incontrato nel mio studio che raccontavano storie familiari tutte molto simili a questa descritta dalla Dott.ssa Gritti. Donne che sin da bambine hanno imparato ad essere autonome, senza poter chiedere aiuto agli adulti, senza poter esprimere i loro bisogni, i loro desideri. Sino quasi ad arrivare a pensare di essere il nulla per loro stesse e per gli altri. Figlie che hanno fatto da confidente amica per le disavventure della mamma e che una volta usate per quel tipo di ruolo non beneficiavano di altra attenzione da parte della mamma. Anzi diventavano loro stesse la funzione che sostiene il genitore, senza avere spazio per sé.

Neanche con il padre sono state più fortunate, in più apprendono pure a relazionarsi in maniera inadeguata con la figura maschile, pensando poi di dover ricercare ed accettare un tipo di uomo molto poco benevolo verso la donna.

Vi invito a riflettere sui modelli di genitori che avete avuto, anche al di là della dipendenza affettiva, perché fare luce sui modelli di riferimento aiuta a capire chi siamo oggi, perché magari non funzioniamo, concedendoci la possibilità del cambiamento.

Buona lettura!

Giovanna Ferro