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“Perché Sanremo è Sanremo” e in questo periodo dell’anno, mio malgrado, leggo qua e là sempre molte cose sul Festival.

Alcune volte sono polemiche sterili, altre meno.

Quest’anno, si è cominciato precocemente a produrre materiale.

Si è andati talmente indietro con la mentalità, che quelle affermazioni, fatte con la disinvoltura di un bambino, non hanno potuto far altro che scuotere gli animi.

Perché, diciamocelo, per fare un discorso misogino senza che risulti tale ci vuole ben altro livello di intelligenza di quello di Amadeus.

Infatti, ascoltarlo mentre, convinto di rivolgere dei complimenti, denigra una categoria è stato quasi commuovente.

Non credo abbia ancora capito cosa ci fosse di sbagliato nel suo discorso. Credo, anzi, sia di per sé innocente, perché di fondo, nelle sue parole, c’è solamente tanta ignoranza.

È l’idea del festival che andrebbe condannata, una rassegna musicale che manca di musica decente. Non dico bella musica, poiché il panorama musicale italiano è deprimente ormai da parecchi anni; parlo di musica accettabile, che quantomeno sia, per l’appunto, musica.

Ma non voglio entrare nel merito di un discorso tecnico, quanto nell’inutilità di procrastinare un carrozzone che ogni anno porta sul palco il peggio della nostra mentalità.

Lo fa con il sessismo che costantemente è protagonista, sia nell’impostazione, che vede quasi sempre un uomo al comando, sia nel moto eterno di insulti e angherie che le donne devono subire. Anche quest’anno, Amadeus e la sua truppa non sono altro che l’emblema di tutto quello che in questo Paese non va.

Non va la mentalità, non vanno i giudizi espressi superficialmente, sempre mossi da un’ignoranza talmente puerile da rendere difficile persino aggredirla.

Immagino quelli che si siedono davanti alla tv e subiscono per quasi una settimana Amadeus, la sua carenza di talento, la sua poca propensione a una dialettica evoluta e attuale; la sua ironia stantia e ingessata da presentatore del secolo scorso; il suo inesistente spessore intellettuale.

Li immagino e  rabbrividisco, perché penso che se nessuno degli spettatori si accorge dell’inadeguatezza di buona parte di questi presentatori “da festival”, è perché manca la cultura. Ancora una volta.

Siamo ormai abituati al cliché dei cliché: l’uomo senza particolari pregi estetici che si contorna di donne belle.

Esattamente come quando al Pozzetto, al Banfi, al Vitali di turno venivano attribuite donne della bellezza della Fenech.

In quei filmetti di undicesima categoria, veniva ritratta tutta la mentalità italiana: l’uomo medio è accettato per quello che è, la donna deve essere bella.

La risposta a quel cliché, ancora oggi, nel 2020, è la risposta alla domanda che molti, in questo Paese, si pongono: le donne, in tv, se non sono belle, cosa ci stanno a fare?

A Sanremo, sono state sempre messe alla gogna, le donne, a cominciare dalla farfallina di Belen, per proseguire con tutte quelle polemiche sull’estetica che, ogni anno, impestano qualunque mezzo di intrattenimento e informazione.

Quando alla berlina è stato messo un uomo, ironia della sorte, è per le frasi sessiste che ha sciorinato in conferenza stampa.

E sempre mi domando: ma non siete stufi di tutto ciò?

Non siete stanchi di vedere come vengono sperperati i vostri denari, regalati a gente con poco talento che ripropone schemi sociali vecchi decenni?

Non siete stanche, donne, di vedere come il nostro genere rimanga nelle retrovie, come faccia da barriera a una mentalità che stagna ancora, nonostante tutto?

Il discorso di Amedeus è stato anche difeso, perché fatto talmente in buonafede, senza intenti denigratori, talmente privo di sottigliezza, che è parso innocente.

E la gravità sta proprio qui, nel fatto che sia così indietro la mentalità generale da riuscire a esprimersi offensivamente ma senza volerlo.

Come quei bambini che insultano senza saperlo, ma lo fanno con tale disinvoltura da trovare un perdono subitaneo degli adulti.

Dicevo, la gravità sta proprio in questo: nel fatto che un uomo pubblico, un uomo di spettacolo, sia talmente ignorante da non accorgersi di aver offeso un genere.

Anche nella mia vita lavorativa mi sono spesso imbattuta in uomini che si sentivano in dovere di sottolineare il mio aspetto estetico; quasi come se volessero tranquillizzarmi: guarda che ti troviamo bella, eh?

E l’ho visto fare ogni qualvolta ci fossero presenze femminili, donne che come me avevano un’attività e si gestivano autonomamente nel lavoro, ma che in quel momento venivano giudicate sulla base del loro aspetto.

Già in tempi non sospetti, questo atteggiamento mi infastidiva. Ma vent’anni fa erano forme di ignoranza comunque ben accetta da un comune senso della potenza estetica femminile; oggi sono inaccettabili, perché anche sintomatiche di un’inadeguatezza culturale pericolosa.

Ancora oggi, quando le donne non stanno al loro posto, sono antipatiche; se sono belle, però, viene scontato loro qualcosa. Se non è così, diventano un bersaglio eterno di scherno.

Perché la donna è sempre colpevole, in questa società, oggi come ieri. Quando è bella, perché lo è (e quindi se occupa un posto è perché…beh, lo sappiamo il perché), quando non lo è, perché non abbellisce il mondo. E cosa se ne dovrebbero fare, gli uomini, di una donna brutta?

In fondo, Amadeus ha voluto dire “solo” questo: state tranquilli, ho scelto, sì, delle donne; alcune le ho persino raccomandate. Però sono tutte belle, e tutte faranno un passo indietro rispetto a quel grande uomo che, ovviamente, sono io: l’italiano medio!

Patrizia Ciribè