Felice si nasce / Puntata 2 di Felice Rossello – Ho trascurato questa rubrica non perché affetto dall’ansia di prestazione dello scrittore. Altre ansie di prestazione ho, ma l’età è una buona giustificazione. Semmai la realtà offre talmente tanti spunti di satira che l’ansia è da dove cominciare, non cosa dire.  Adesso ho trovato un tema che mi riguarda e che può essere allargato a tutti: la fotografia. Con i telefonini oggi tutti fanno i fotografi, non solo quindi, con la possibilità che abbiamo di pubblicare su internet le foto ti trovi improvvisamente buttato su uno schermo e fai il giro del mondo e puoi avere più visualizzazioni di Raul Bova, di Luca Zingaretti che, poveretti loro, al contrario di te che, se vieni fotografato e “postato” – si dice così – puoi essere visto in Biafra e contemporaneamente in Mongolia dappertutto puoi avere miliardi di visualizzazioni, appaiono solo sulla TV italiana e possono essere visti solo da  milioni di persone!

Premessa: io non amo essere fotografato. Preferisco immaginarmi, non vedermi. Non perché mi creda brutto, sono quello che sono, ma perché se mi immagino in questo momento mi vedo un signore di 40 anni coi capelli scuri che si chiede perché mai sugli autobus quei pochi gentili che restano gli lasciano il posto da sedere (quelle due o tre volte che mi è capitato mi sono chiesto: “perché a me che ho 40 anni?”) Se mi vedo nella realtà fotografica sono uno di70 anni  bianco di capelli: mi è già capitato di non riconoscermi in una foto  una volta infatti mi sono chiesto “Chi è quel vecchio ed io dove sono?”

Mia moglie è invece una maniaca della fotografia. Si fa fotografare e si fotografa in tutte le salse, salvo poi dirsi: “Come sono vecchia!” “Ma sono così?” “Mi vedete così?”. “Ma per vederti brutta e attempata perché ti fotografi?” le chiedo. Il tempo passa; è bello pensarsi come si vuole, non vedersi come si è. Esiste per tutti una data al di là della quale si rifiuta ai andare avanti, almeno nell’immaginazione.

Vi racconto un episodio per me terribile. Eravamo con amici a Paestum. A un certo punto a uno di loro maniaco anche lui della fotografia e dei “post fotografici” viene la bella idea di fotografarci tutt’insieme appostati in nicchie alcune assai basse. A me capita una in cui dovevo accucciarmi. Trovo dialetticamente un sacco di scusa per non farla, l’ultima la più vera è quella che ho una protesi all’anca e non posso accucciarmi. “Ma che accucciarti e accucciarti – dice mia moglie tutta contenta per la “bella idea” dell’amico – devi a mala pena piegare un po’ le ginocchia!”. Approvano tutti e io cedo.

Mi piego sulle ginocchia e per tutti gli scavi si sente un “crac” micidiale: il mio ginocchio!.

Credo che la fotografia sia stata postata, se tra i tanti fotografati di quella foto vedete un vecchio accucciato con le lacrime agli occhi la cui bocca dice parole  che assomigliano a parolacce quello sono io.