tt.php Pablo Picasso – Due donne sulla spiaggia

Il mio prossimo romanzo parlerà di donne. Uno dei fili conduttori del parco caratteriale che unisce il genere femminile è il modo con cui molte di esse sono depositarie e promotrici del maschilismo, anche più di chi ne è fautore.

Sin da bambina, ho notato questo fenomeno, in un atteggiamento generale che, invece di creare una solida mentalità femminile di genere, la screditava, cercando di disgregarne anche la più piccola insorgenza.

Da allora sono passati molti anni, il mondo è cambiato in quasi tutto; la società si è evoluta, dando risalto e spazio anche alle donne. La strada dell’uguaglianza è lunga e piena di insidie, ma in generale, guardando al passato, l’Occidente almeno si è evoluto in maniera visibile.

Quello che noto, però, è che la frustrazione che deriva da una propensione alla competitività è rimasta intatta. Le frasi, e gli atteggiamenti, che molte donne spendono verso le loro “colleghe di genere” sono sempre quelle di decenni fa.

Una lotta di genere, per avere riscontro totale, deve poter contare sulla sua compattezza, non ci sono discorsi. Senza quella sorta di coesione che lascia fuori gli antichi convincimenti che deflagravano la possibilità di agire in modo libero, non vi è coesione. Non vi è coesione né emancipazione.

Se ogni volta che qualcosa si muove nel tessuto sociale, poi leggo donne che denigrano le altre donne per il seno scoperto, per l’atteggiamento provocante, e per ogni, anche stupida, espressione di libertà, il segnale risulta distorto e, quindi, inefficace.

Mettere paletti alla libera espressione, decidendo come si debba essere per avere i giusti requisiti di genere, mi dispiace, ma contraddice il fondamento del concetto di libertà.

Gli uomini, se notate, non si attaccano mai in merito al costume; non minano mai la loro possibilità di estremizzare le proprie caratteristiche di genere attraverso atteggiamenti discinti. Gli uomini si esprimono liberamente e non additano mai i loro simili sulla morale. Mai.

Le donne, invece, spendono spesso parole che denigrano il valore morale, e, anche se lo fanno attraverso la stigmatizzazione della superficialità e della nudità con cui alcune si pongono nella vita, alla fine esprimono un giudizio sull’etica.

Leggo spesso termini vessanti, “zoccola” è uno dei più gentili, e a pronunciarli sono frequentemente le donne. Il seno nudo, il sedere in bella mostra, gli atteggiamenti voluttuosi sono visti come giusti pretesti per denigrare coloro che se ne servono per esporsi. Ma la cosa buffa è che lo sono anche quegli elementi religiosi che vanno in controtendenza con le conquiste occidentali, come per esempio i vari tipi di velo che le donne islamiche indossano.

Quindi, da un lato si vede minata la libertà femminile attraverso l’utilizzo di accessori che, palesemente, avrebbero il compito di preservare le donne dal peccato carnale, e dall’altro la si vede minata dall’esposizione libera della propria nudità.

Da un lato si rivendica la libertà di non indossare il reggiseno sotto ai vestiti, dall’altro si giudica chi espone il proprio corpo come meglio crede. E, attenzione, se le critiche che un uomo muove a un altro uomo, per esempio su uno slip microscopico indossato al mare, sono sempre limitate a deriderne il gusto, quelle che una donna muove a un’altra donna sono sempre rivolte alla sua morale.

Il fastidio che ancora oggi molte donne hanno verso le altre, quelle che magari si assoggettano ad atteggiamenti che certamente non vogliono esporre la propria intelligenza, denotano un retaggio triste che non tiene conto del primo fondamento di ogni uguaglianza: la libertà.

Se la critica intelligente vuole scuotere un modo stupido, la critica morale è pregiudizio e ci riporta al punto di partenza.

Dare “della zoccola” a una donna che espone il suo corpo è ne più né meno che il vecchio modo con cui gli uomini hanno sempre tentato di limitare il controllo che le donne rivendicano su loro stesse. Questo perché giudicare l’etica di qualcuno sulla base di un comportamento che evidenzia le proprie caratteristiche, senza però coinvolgere negativamente una terza persona, è nientemeno che intolleranza di genere.

Se per gli uomini la morale dei loro colleghi maschi risiede nel ruolo sociale, per molte donne, quella femminile è sempre legata al sesso. In questa differenza è racchiusa una delle motivazioni per cui è impossibile mandare avanti un concetto di eguaglianza compatto e inattaccabile.

Meditate, donne, meditate.

Patrizia Ciribè